
2 giugno 1981. Alle prime luci dell’alba, la notizia della morte di Rino Gaetano aveva cominciato a soffiare nel cielo blu, sempre più blu, di Roma. Il cantautore calabrese si è spento nel momento più brillante della sua carriera al Gemelli, dove era stato ricoverato dopo l’incidente stradale avvenuto nel cuore della notte su via Nomentana, a pochi chilometri dalla sua abitazione dove viveva con i genitori e la sorella Anna.
Per capire, tocca fare un passo indietro. L’orologio aveva da poco segnato le 3.55, quando il cantante 31enne, al volante della sua Volvo 343 grigio metallizzato, perde il controllo della macchina all’altezza di via Carlo Fea. Forse per un malore o un colpo di sonno dovuto alla stanchezza dopo aver passato la notte in compagnia degli amici. L’auto invade l’altra corsia, incrocia un camion che non può, non riesce, ad evitare l’impatto.
La macchina dei soccorsi scatta subito, la corsa in Ospedale è disperata. E quando l’ambulanza raggiunge il Policlinico Umberto I, Rino Gaetano non era cosciente. Ha sbattuto con violenza la testa sul parabrezza, mandando il vetro in frantumi. Era in coma ed era necessario un intervento d’urgenza in un reparto di traumatologia cranica, che il Policlinico non aveva. Furono contattati altri ospedali e solo alle prime luci dell’alba, il cantautore è stato trasferito e ricoverato al Gemelli, dove il suo cuore ha smesso di battere. Erano da poco passate le 6.00, e il cielo di Roma si stava tingendo di blu, come la sua canzone.
Una tragedia che i giornali dell’epoca paragonarono a quella di Fred Buscaglione, ma anche un triste presagio scritto nero su bianco ne «La ballata di Renzo». Nel brano, rimasto chiuso in un cassetto, il cantante sembra predire la sua morte. Una coincidenza, triste e dolorosa come i sentimenti provati dai fan che il cantautore aveva conquistato con i suoi testi geniali e impertinenti.
La ballata di Renzo, la canzone profezia
Il testo racconta la storia di un ragazzo vittima di un incidente stradale che muore dopo essere stato rifiutato da diversi Ospedali.
«La strada era buia, s’andò al S. Camillo
e lì non l’accettarono forse per l’orario,
si pregò tutti i santi ma s’andò al S. Giovanni
e lì non lo vollero per lo sciopero.»
Un presagio, si affrettano a dire tutti alimentando i sospetti e le leggende. Anche la sorella di Rino, Anna, ha provato a spegnere le voci, ad allontanare le teorie fantasiose sulla riscostruzione dell’incidente in cui il fratello ha perso la vita. «Non è vero che Rino fu rifiutato dagli ospedali. Questa è una leggenda. Quando il corpo di mio fratello fu estratto dalle lamiere, venne portato al Policlinico Umberto I, semplicemente perché era il posto più vicino. La struttura non aveva una sala operatoria attrezzata per la craniolesi, ma non l’avevano neppure gli altri ospedali contattati telefonicamente» disse.
Restano le sue canzoni, cantate ancora come hit del momento. ‘Berta filava’ con cui ha cominciato a farsi conoscere. ‘Gianna’, un pezzo rimasto a lungo al primo posto delle classifiche e uno dei titoli più amati del suo repertorio. E il cielo è sempre più blu. Come la scritta impresso sulla sua tomba al Verano.