Un anno senza Gianluca Vialli, il ricordo di un campione che era prima di tutto un grande uomo

Il 6 gennaio 2023 moriva l’ex bomber di Sampdoria, Juventus e della Nazionale. Il ricordo di un uomo profondo e leggero, che faceva gol anche fuori dal campo.

A distanza di un anno non sappiamo se ci manca di più il calciatore o l’uomo, ma una cosa è certa: Gianluca Vialli ha lasciato un vuoto incolmabile.

Ce ne rendiamo conto ancora di più soffermandoci su quell’ abbraccio con l’amico di sempre Roberto Mancini nel giorno della vittoria del Campionato d’Europa. Un abbraccio fatto di lacrime impastate di gioia e di dolore, perché in quel preciso istante Vialli aveva capito che la sua strada su questa Terra era destinata ad interrompersi e la felicità per l’obiettivo incredibilmente raggiunto al fianco della persona con cui da ragazzino era diventato uomo si mischiava con la tristezza per la fine di un mondo, quello del calcio, che per lui, insieme alla famiglia, era davvero tutto.

Manca l’istinto naturale per il gol del giocatore e l’eleganza del commentatore. Manca la risata spontanea del giovane e la maturità dell’ uomo nel parlare di pallone… perché con tutta l’importanza che gli vogliamo dare sempre pallone è. 

Manca la sua umanità sportiva nel cadere (come dimenticare quando ai Mondiali di Italia ’90 fu scalzato dall’ uragano Totò Schillaci e fu condannato alla panchina mentre sarebbe dovuto essere il protagonista assoluto) e la sua ferocia agonistica nel rialzarsi (si andò a prendere con la grinta quella Champions con la Juventus di Lippi che sembrava per lui una maledizione prima di andare alla conquista dell’ Inghilterra e del Chelsea).

365 giorni senza Gianluca Vialli sono tanti eppure pochi, troppo pochi per farci l’abitudine.

Morì il 6 gennaio 2023 a pochi giorni dalla morte di Pelè e a 20 giorni esatti da quella di Sinisa Mihajlovic, un altro guerriero dei campi di calcio.

Gianluca Vialli, leader della Sampdoria prima e, soprattutto della Juventus, poi, negli anni ’90, è stato costretto ad arrendersi al cancro.

“StradiVialli” – così come era soprannominato da quell’asso del giornalismo sportivo che era Gianni Brera, per via delle sue origini cremonesi – che di reti ne ha siglate tante, non è riuscito a segnare il gol più importante per la sua vita.

Che la malattia si fosse aggravata lo si era capito dalle sue dichiarazione di circa un mese prima, allorquando il bomber aveva annunciato di lasciare l’incarico di Capo Delegazione della Nazionale: “Al termine di una lunga e difficoltosa ‘trattativa’ con il mio meraviglioso team di oncologi ho deciso di sospendere, spero in modo temporaneo, i miei impegni professionali presenti e futuri“. Aveva scritto così Gianluca Vialli e tutto era diventato chiaro.

Tumore al pancreas, di questo soffriva da qualche anno l’ex capitano della Juventus e allenatore del Chelsea, una malattia guardata sempre negli occhi e affrontata con dignità: “Se facessi una battaglia contro il cancro ne uscirei probabilmente distrutto. Lo considero, in questa fase della mia vita, un compagno di viaggio che spero prima o poi si stanchi e dica: ‘Ok, ti ho temprato, ti ho permesso di fare un percorso, adesso ti lascio tranquillo'”, aveva dichiarato in un’intervista ad Alessandro Cattelan.

“Non so quando si spegnerà la luce che cosa ci sarà dall’altra parte – diceva. Ma in un certo senso sono anche eccitato dal poterlo scoprire. Però mi rendo anche conto che il concetto della morte serve per capire e apprezzare la vita”.

Infine faceva una precisazione sulla malattia: “Non è esclusivamente sofferenza: ci sono momenti bellissimi. La vita – e non l’ho detto io ma lo condivido in pieno – è fatta per il 20 per cento da quello che ti succede ma per l’80 per cento dal modo in cui tu reagisci a quello che accade. E la malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, essere anche un’opportunità. Non dico al punto di essere grato nei confronti del cancro”.