Il naufragio dell’Andrea Doria, la fiaba triste della nave più bella del mondo

La storia dell’Andrea Doria, un gioiello tutto italiano, si spezza tragicamente la notte del 25 luglio 1956, quando il transatlantico, diretto a New York, viene speronato dalla nave svedese Stockholm, al largo della costa di Nantucket.

Era considerata la nave più bella del mondo, un gioiello tutto italiano, un vanto e un motivo di orgoglio per un Paese ancora ferito che stava cercando di ricostruire la propria reputazione dopo la seconda guerra mondiale. Ma quella dell’Andrea Doria non fu una storia felice di un transatlantico considerato sicuro, prima che bello, ma una favola triste che si interrompe in una calda e nebbiosa sera d’estate.

Era il 26 luglio del 1956, quando la nave si inabbissò a sud dell’isola di Nantucket, a meno di un giorno di distanza da New York City. 11 ore prima, era stata “urtata” dala nave passeggeri svedese Stockholm della Svenska America Linien di Goteborg.

Fu uno dei più famosi e controversi disastri marittimi della storia. Sull’ammiraglia italiana ci sono 1.134 passeggeri e 572 uomini d’equipaggio agli ordini del comandante Piero Calamai, un genovese taciturno, capitano di grande esperienza. Riuscirono a salvarsi quasi tutti. Morirno 46 ospiti, alloggiati in classe turistica nei ponti inferiori della nave, lì dove è avvenuto l’urto. 5 le vittime sull’altra imbarcazione.

Il naufragio dell’Andrea Doria

L’Andrea Doria stava navigando a 23 nodi diretta al porto di New York. A bordo le feste non erano ancora finite, ma le valigie erano pronte allo sbarco in programma l’indomani mattina. Il mare è calmo, ma c’era nebbia. Un fatto consueto in quel tratto dell’Oceano. L’isola di Nantucket, in fondo, era ed è tuttora chiamata dai suoi residenti la ‘piccola signora in grigio del mare’. Nulla lasciava presagire quello che sarebbe accaduto. Che sarebbe stato l’ultimo viaggio del gigante che aveva il compito di ricostruire l’orgoglio di un paese uscito in ginocchio dalla guerra. O forse se la notte fosse stata limpida, la collisione che non si sarebbe verificata.

Le lancette avevano da poco segnato le 23.05, quando la prua della Stockholm si schiantò sulla fiancata dell’Andrea Doria. Un rumore interrompe la musica dell’orchestra che sta suonando “Arrivederci Roma”.

La nave si inclina, imbarca acqua, ma le operazioni di soccorso riescono ad evitare il peggio grazie anche alla Île de France. Il comandante Raoul de Beaudéan accostò la nave a soli 370 metri dalla Doria, creando uno specchio d’acqua liscio e calmo, che rese più “semplice” il salvataggio. Tra i passeggeri accolti sulla nave francese c’era l’attrice statunitense Betsy Drake, moglie del celebre attore Cary Grant. Stava tornando negli Stati Uniti da una visita a Grant sul set spagnolo del film Orgoglio e passione.

Alle 5.00 del mattino a bordo dell’Andrea Doria non c’è più nessuno. Era rimasto solo il comandante Piero Calamai. Il vecchio lupo di mare che aveva diretto con grande precisione e fermezza le operazioni di salvataggio non aveva intenzione di abbandonare la nave che stava per inabissarsi per sempre con il suo arredamento di lusso e decine di opere d’arte. Come se fosse morto nel momento del’impatto con la Stockholm rispose: “Resto”. Fu portato in salvo dai suoi ufficiali, ma la sua carriera terminò quella notte.

Affondò 11 ore dopo. E ora dorme sui fondali di Nantucket. Una volta, nel 1981, una scialuppa si staccò e navigò da sola, spinta dalle correnti, fino al porto di New York. Segno forse che la leggenda dell’Andrea Doria non è mai finita.

Quarantasei anni dopo il Titanic si ripeteva una grande tragedia del mare.



In questo articolo: