Non rispondono alle domande del giudice, i nove arrestati nel comprensorio neretino, indagati a vario titolo per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico ed alla commercializzazione di sostanze stupefacenti, estorsione, usura e violazione della legge sulle armi.
In mattina, dinanzi al gip Giulia Proto, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia, gli arrestati finiti in carcere: Roberto Longo, 55 anni, ritenuto a capo dell’organizzazione; Roberto Giammarruto, detto Robertino, 31 anni; Antony Fracella, 31 anni; Alessio Farhat, 28 anni; Giulio Falconieri, detto Antaro, 34 anni; Fernando De Mitri, 36 anni; Chiara Marzano, 27 anni; Lorenzo Grillo, 42 anni, (inizialmente irreperibile, si è costituito dopo essersi spontaneamente presentato in caserma). Anche Sergio Spenga, 39 anni di Nardò, agli arresti domiciliari, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Sono assistiti dagli avvocati Giampiero Geusa, Andrea Frassanito, Tommaso Valente.
Le indagini, avviate nell’estate del 2019, hanno riguardato un’organizzazione che si ritiene operativa sul territorio della provincia di Lecce, specificatamente nel comprensorio neretino, area geografica dove Giuseppe Durante, detto “Pippi”(condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’assessore comune di Nardò, Renata Fonte) e Marcello Dell’Anna (la cui appartenenza alla criminalità organizzata è stata ampiamente riconosciuta con sentenze passate in giudicato), sono considerati i referenti della Sacra Corona Unita, con ruoli direttivi.
Con le investigazioni, gli inquirenti ritengono di aver documentato l’incessante operatività di un gruppo dedito prevalentemente al traffico, detenzione e spaccio di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, di varia natura, soprattutto cocaina.
I pagamenti per l’acquisto della droga sarebbero avvenuti su carte prepagate, intestate a persone difficilmente identificabili o reperibili.
Ad alcuni indagati sono contestate, inoltre, azioni punitive, con aggressioni fisiche e lesioni personali, nei confronti di chi non osservava le regole dell’associazione o di chi, acquirente, pusher o spacciatore di sostanze stupefacenti, non pagava per tempo l’importo della droga acquistata, il cui prezzo variava a seconda del quantitativo.
Sarebbe emersa in alcune occasioni la disponibilità di armi utilizzate per porre in essere l’attività intimidatoria e l’estorsione, come nel caso di una persona a cui è stata portata via l’autovettura.
Infine, nei confronti di uno degli indagati, è stata avanzata l’ipotesi del reato di usura, in quanto gli investigatori ritengono di aver documentato, in ben sei episodi, il pagamento da parte di un imprenditore neretino, un commerciate in brevissimo tempo, di interessi vertiginosi a fronte di somme ricevute in prestito. Secondo gli inquirenti il tasso di interesse sarebbe stato pari a 20 euro al giorno ogni mille prestati e la vittima, dal dicembre 2019 al marzo 2020, avrebbe chiesto in prestito circa 10/12mila euro.
