Omicidio Antonino Scopelliti, nessun colpevole per la morte del giudice incorruttibile

Non hanno ancora un volto né un nome i killer e i mandanti dell’omicidio del magistrato Antonino Scopelliti, ucciso in un agguato mentre tornava a casa dal mare.

Movente sconosciuto. Killer senza volto. Mandanti protetti dall’anonimato. L’omicidio di Antonino Scopelliti, il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione freddato in un agguato a pochi chilometri da Villa San Giovanni, è rimasto senza colpevoli, uno dei tanti misteri irrisolti.

Dopo di lui toccherà a Giovanni Falcone, ucciso insieme agli uomini della sua scorta nella strage di Capaci. «Dopo Nino il prossimo sono io» pare abbia detto durante il funerale ad un parente del magistrato. Stessa sorte per Paolo Borsellino, “tolto di mezzo” nell’agguato di via d’Amelio. Il filo rosso che unirà tutte le pagine più drammatiche della storia italiana è Cosa Nostra.

Dopo aver rappresentato la pubblica accusa nel primo Processo Moro, nel sequestro dell’Achille Lauro, nella Strage di Piazza Fontana, di piazza della Loggia e del Rapido 904 e negli omicidi di Rocco Chinnici e Walter Tobagi, Scopelliti, a settembre, avrebbe dovuto occuparsi del maxiprocesso contro la Cupola, giunto in Cassazione. E stava studiando a fondo le carte come dimostra il fascicolo trovato nell’abitazione del padre Giovanni a Campo Calabro, paese di quattromila abitanti poco più a nord di Villa San Giovanni.

La sua condanna a morte, secondo alcuni collaboratori di giustizia, fu firmata per questo. Uomo tutto d’un pezzo, incorruttibile, pare abbia rifiutato 5 miliardi di lire offerti dalla mafia per cambiare il verdetto finale. E non sarebbe stato nemmeno il primo tentativo di corromperlo.

L’agguato il 9 agosto 1991

Nato nel 1953 a pochi chilometri da Reggio Calabria, il magistrato, uomo chiave nella lotta alla mafia, era tornato nella sua regione per trascorrere le vacanze. Come faceva ogni estate. Era solo quando è stato ucciso, senza scorta. Aveva trascorso qualche ora al mare e stava tornando a casa in macchina quando, all’altezza di una curva, si è ritrovato faccia a faccia con i suoi assassini. Almeno due persone secondo le ricostruzioni dell’accaduto.

La tragedia si è consumata in pochi secondi. I killer hanno premuto il grilletto dei fucili calibro 12 caricati a pallettoni. Il magistrato, colpito alla testa e al torace, è morto sul colpo. La Bmw color blu notte, senza controllo, finisce fuori strada, in un vigneto, dopo aver sfondato un cancello. Tanto che, in un primo momento, si era pensato che fosse rimasto coinvolto in un incidente stradale. Era un omicidio.

I processi e una verità ancora da scrivere

Per la giustizia nessuno ha ucciso Antonino Scopelliti, nessuno ne ha ordinato la morte. Nessuno in quel torrido pomeriggio del 9 agosto ha premuto il grilletto del fucile a canne mozze che ha eliminato il magistrato.

Per la sua morte ci sono stati due processi – uno contro Salvatore Riina e sette boss di Cosa Nostra ( Bernardo Brusca, Pietro Aglieri, Giuseppe Calò, Antonino Geraci, Salvatore Buscemi, Salvatore Montalto, Giuseppe Lucchese) e un altro contro Bernardo Provenzano e sei boss ( Giuseppe e Filippo Graviano, Raffaele Ganci, Giuseppe Farinella, Antonino Giuffrè e Benedetto Santapaola) – ma entrambi si sono conclusi con un’assoluzione per gli imputati finiti alla sbarra.

Secondo i pentiti della ‘ndrangheta Giacomo Lauro e Filippo Barreca sarebbe stata la Cupola di Cosa Nostra a chiedere alla ‘ndrangheta di uccidere Scopelliti. In cambio del “favore” ricevuto, la mafia sarebbe intervenuta per fare cessare la “guerra” che si protraeva a Reggio Calabria da quando fu assassinato il boss Paolo De Stefano.

«Il giudice è quindi solo, solo con le menzogne cui ha creduto, le verità che gli sono sfuggite, solo con la fede cui si è spesso aggrappato come naufrago, solo con il pianto di un innocente e con la perfidia e la protervia dei malvagi. Ma il buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto e coraggioso.»
(Antonino Scopelliti)



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