La preparazione di una bomba e lettere minatorie dal carcere: la vendetta dopo l’omicidio Capocelli

Le carte dell’inchiesta contengono importanti retroscena sull’omicidio del giovane di Maglie freddato con un colpo di pistola presso un fast food mobile, nell’aprile scorso.

Propositi di vendetta trasversali emergono dalle carte dell’inchiesta sull’omicidio di Mattia Capocelli.

Anzitutto, il clan Amato smantellato attraverso l’operazione investigativa “Tornado” ed a cui apparteneva la vittima, voleva piazzare una bomba contro i familiari di Simone Paiano, il 25enne di Maglie arrestato dai carabinieri poiché ritenuto responsabile del grave fatto di sangue avvenuto il 25 aprile del 2019 nei pressi di un fast food mobile.

Francesco Amato, figlio del boss Giuseppe detto “Padreterno”, rivolgendosi ai sodali, affermava “Ragazzi ho detto il portone di casa… non bisogna tardare, non più tardi domani….fate tremare Maglie con quella cosa… Dobbiamo fare danno, danno su danno“.

Il confezionamento, come emerge da alcuni dialoghi intercettati due giorni dopo in macchina, venne effettuato da Matteo Presicce. Si trattava di un ordigno del peso di due chili che conteneva 30 cobra ( grossi petardi) e una bombola a gas. Doveva essere posizionato dallo stesso Presicce insieme a Marco Cananiello e fatto esplodere nei pressi dell’abitazione d’ingresso dei familiari di Paiano ( si erano comunque allontanati da Maglie in via precauzionale).

Successivamente, per la presenza di una vettura sospetta vicino casa, il piano saltò e l’ordigno già preparato venne nascosto in una via nei paraggi. I carabinieri riuscirono però a ritrovarlo il giorno dopo.

La sete di vendetta di Simone Paiano

Anche Simone Paiano covava propositi di vendetta verso il clan Amato. L’Amministrazione penitenziaria di Lecce, dopo un controllo sulla corrispondenza, aveva scoperto nel luglio scorso, una missiva contenente tre fogli scritti indirizzati ad altrettanti destinatari.

In uno di questi l’uomo riferiva ad un amico (recluso in carcere) di avere saputo dell’intenzione del clan di piazzare l’ordigno. E afferma, “La bomba a casa mi volevano mettere sti pisciaturi alla mia famiglia, immagina come sto la mia famiglia è sacra……avevano le cimici nella macchina e dicevano che c’è l’avavano con me e sta cosa va tutta a mio favore“.

Nell’altro scritto, indirizzato anche in questo caso ad un detenuto, Paiano esternava il proposito di vendicarsi di un elemento del gruppo criminale, reo di averlo indicato ai carabinieri quale esecutore dell’omicidio di Mattia Capocelli. E dice “Il ragazzo che se l’è cantata su di me….dovete mandarlo ai precauzionali con i lurdi come a lui“.

Infine nel terzo foglio, rivolgendosi ad un altro carcerato, Paiano afferma ” ..mi volevano fare fuori ma sono più vivo che mai“.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i fogli dovevano girare all’interno del penitenziario attraverso il “passamano” per evitare controlli sulla corrispondenza e la riconducibilità a Paiano. Vi era il sospetto che quest’ultimo potesse ordinare violenze in particolare verso il testimone dell’omicidio Capocelli, ma anche nei confronti di un altro elemento del clan Amato.



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