Non c’è mai una fine quando qualcuno scompare nel nulla. Fino a quando non c’è una tomba su cui piangere la speranza resta sempre in un angolo, nascosta tra i ricordi. Lo sanno bene i familiari di Marina Di Modica, svanita nel lontano 8 maggio 1996. Papà Gaetano è morto senza averle dato una degna sepoltura, senza avere risposte nonostante ci sia un nome, un uomo accusato di averla uccisa e fatta sparire. Ma andiamo con ordine.
La scoperta in soffitta e la scomparsa
Tutto comincia una mattina, quando Marina, impiegata come logopedista nella Asl, sgombrando una soffitta, trova una scatola di biscotti piena francobolli. Un caso che si lega ad un’altra coincidenza. Durante una cena a casa di un’amica aveva conosciuto Paolo, un filatelico impiegato nella storica azienda Bolaffi. Un’istituzione a Torino. Se vuoi una valutazione la loro sede di via Cavour è il posto giusto. Marina fissa un appuntamento con quell’uomo brizzolato ed elegante. Una data appuntata su un’agenda che diventerà un giorno chiave, forse l’ultimo della sua vita.
Cena con «Paolo x f.bolli»
Terminato il turno di lavoro Marina va dal parrucchiere, compra un paio di scarpe blu col tacco alto e di calze autoreggenti e si prepara per la cena, come aveva appuntato sull’agenda «b. cena Paolo x f.bolli». Fine. Nessuno l’ha più vista. La famiglia ragionò sul senso di quelle parole e trovò una risposta: la lettera iniziale stava per Bianca, l’amica di Marina. I francobolli non potevano che essere quelli del prozio. La cena, per valutarli, un appuntamento con Paolo.
Quando Marina non si presenta a lavoro scatta l’allarme. Il fratello di Marina chiama l’uomo, ma lui nega di averla incontrata. Ci vorranno giorni, quando sui giornali cominciava ad insinuarsi il sospetto che fosse coinvolto, per avere un’ammissione. Racconta di aver avuto un appuntamento con Marina, ma di averlo annullato a causa del mal di schiena. Aggiunge anche di aver mentito per non far arrabbiare la fidanzata Beatrice. «Temevo si ingelosisse», racconta.
I tabulati mostravano, però, un’unica chiamata del 6 maggio. Con ogni probabilità, la telefonata fatta per fissare l’appuntamento. E la disdetta, allora? Disse di averla fatta da una cabina telefonica, trovando il numero sulla guida, ma le guide erano scomparse dalle cabine un paio di anni prima. Una delle tante bugie.
L’ultima traccia di Marina porta in via Magellano, lungo la cancellata del Mauriziano, dove ritrovata la sua auto.
Due misteri che si intrecciano
Non c’era un cadavere, non c’era un movente, ma Paolo, il filatelico fu accusato di omicidio e iniziò un processo combattutissimo, che appassionò Torino. In aula, si collegò il caso di Marina con la scomparsa di una dipendente Bolaffi, Camilla Bini, sparita nel nulla nel 1989. Un caso senza colpevoli. Paolo conosceva Camilla, scomparsa nel nulla all’improvviso. E conosceva Marina, con cui aveva un appuntamento galante la sera in cui la logopedista sparì.
Stroppiana, difeso da un leone del foro, provò a cavarsela, ma non venne creduto. Si ipotizzò che avesse ucciso Marina nel corso di un rapporto sessuale. Paolo fu condannato prima per omicidio volontario, poi preterintenzionale. Oggi è un uomo libero. Sostiene di essere innocente. Resta la pena infinita di non sapere cosa è realmente accaduto a Marina.
