Lucio Marzo chiede di lavorare fuori dal Carcere, la mamma di Noemi: “l’ennesima pugnalata”

La mamma di Noemi Durini ha scritto una lunga lettera per chiedere che Lucio Marzo, condannato per l’omicidio di sua figlia, possa scontare tutta la sua pena in Carcere.

Lucio Marzo, condannato per l’omicidio di Noemi Durini, chiede di poter lavorare fuori dal Carcere. Una richiesta che ha “ferito” la famiglia della 16enne di Specchia, uccisa con violenza e sepolta viva nelle campagne di Castrignano del Capo, dove è stata ritrovata solo quando il suo assassino ha confessato e accompagnato gli inquirenti dove l’aveva lasciata quella maledetta notte della scomparsa.

Mamma Imma, che si è sempre battuta per avere giustizia, ha scritto una lettera per ricordare quello che Lucio ha fatto a sua figlia. «Me l’ha portata via picchiandola, prendendola a sassate, e accoltellandola in testa. È stata tanta la crudeltà e la ferocia con la quale si è scagliato su di lei che durante l’esame autoptico le hanno trovato la punta del coltello nel cranio. E questa non è stata neppure la fine, non era sufficiente. Evidentemente, la sofferenza di mia figlia per lui in quel momento non contava. Così l’ha seppellita viva, sotto un cumulo di pietre. Sì, mia figlia quando fu sepolta, era ancora viva, respirava. A dimostrarlo, fu l’autopsia. Dopo abbandonò Noemi lì, in una campagna isolata, in fin di vita, ferita, sola, sotto dei massi gelidi e pesanti, che le hanno causato la morte da asfissia per compressione toracica» si legge.

Impensabile, dopo tanto dolore, parlare di benefici o permessi premio che sono come vere e proprie «pugnalate» per una madre e una sorella che non potranno più riabbracciare Noemi. Per una famiglia che ha dovuto riportare a casa la ragazzina all’interno di una bara bianca, senza aver nemmeno la possibilità di salutarla per l’ultima volta.

«Apprendere del ritrovamento di mia figlia è stato straziante, un dolore immenso che non auguro mai a nessuno di provare. Quel giorno, insieme a mia figlia, sono morta anch’io. Noemi aveva 16 anni quando le è stato tolto il sorriso, aveva una vita davanti piena di sogni e progetti. Voleva danzare, studiare e fare la psicologa. Voleva aiutare i bambini in difficoltà, facendo sostegno nelle scuole. Voleva visitare tanti luoghi, vedere le montagne, il mare, la natura, le città. Voleva sposarsi, avere dei figli, indossare l’abito bianco e trasferirsi in un’altra città, dalla sorella, una volta finite le superiori. Una vita che lui ha spezzato e distrutto, insieme a quella della mia famiglia e mia, come madre. Senza neanche mai chiedere perdono».

Per Imma è impensabile accettare da madre che una persona che non ha mai mostrato segni di pentimento possa essere libera anche un solo istante. «Non voglio mettere in discussione il concetto del reinserimento sociale o del recupero di un detenuto, ma qui si parla di un assassino che ha agito con crudeltà e lucidità dal primo momento fino all’ultimo, creandosi alibi, distruggendo prove, pulendo l’auto, eliminando ogni traccia e cambiando versione attraverso strategie subdole per liberarsi da ogni responsabilità. In tre anni, non ha mai mostrato nessun segno di pentimento, di presa di coscienza del gesto, di sconforto o richiesta di perdono. Mai. Addirittura, in un’udienza, il giudice gli chiese se volesse scusarsi con noi, e lui rispose freddamente e svogliatamente con un grugnito di disapprovazione».

Alla fine, la mamma di Noemi ha voluto lanciare un appello affinché Lucio Marzo – condannato a soli 18 anni e 8 mesi – ssconti in carcere tutta la sua pena. «Se vuole lavorare – conclude – lo faccia nella sua cella o tra le mura del carcere».



In questo articolo: