La parentela con il boss non è un reato: il giudice dice sì all’assunzione di un lavoratore

È ciò che emerge dalla sentenza emessa nelle scorse ore dal giudice del lavoro di Lecce. Il Tribunale ha, infatti, accolto la tesi difensiva dell’avvocato Mario Rossi.

Non può essere considerato un reato il legame di parentela con un boss ed il lavoratore deve essere assunto.

È quanto emerge dalla sentenza emessa dal giudice del lavoro di Lecce Andrea Basta, nelle scorse ore. Il Tribunale ha, infatti, accolto la tesi difensiva sostenuta in udienza dall’avvocato Mario Rossi.

Il ricorrente ha lavorato per molti anni, come autista, nell’ambito del servizio di smaltimento rifiuti nel comune di San Donato di Lecce. Nel frattempo, nell’aprile del 2019, l’appalto fu aggiudicato da Ecotecnica srl che si era, però, rifiutata di riassumere il lavoratore, per il suddetto rapporto di parentela con il boss Mario Tornese di Monteroni.

La decisione venne presa alla luce delle previsioni contenute nel modello di gestione dell’assunzione del personale, adottato dall’azienda e del parere espresso dall’organo di vigilanza.

In particolare, l’azienda adduceva come motivo, il rischio d’incorrere in una misura interdettiva antimafia, nonostante il suo regolare inserimento nell’elenco dei lavoratori aventi diritto al passaggio presso il nuovo appaltatore.

Il difensore dell’operaio, l’avv. Mario Rossi, ha così preparato un ricorso d’urgenza al Tribunale del lavoro che ha accolto l’istanza.

 

Il giudice ha ritenuto che “le previsioni contenute nel modello organizzativo adottato dalla società potrebbero eventualmente orientare la politica aziendale in materia di assunzioni solo laddove non vi sia una norma di legge o di contrattazione collettiva che imponga l’assunzione di un lavoratore”.

Il Tribunale sostiene, poi, riguardo il rischio interdittiva, che “non vale a mutare la soluzione raggiunta, essendo pacifico che la parte convenuta non sia stata destinataria di alcun provvedimento avente siffatta natura e risolvendosi tale prospettazione, nel pericolo di un pregiudizio meramente eventuale”.

Infine, nell’accogliere il ricorso d’urgenza, il giudice sottolinea come “lo stato di disoccupazione del ricorrente e di sua moglie lascia presumere che egli non riesca a far fronte alle primarie esigenze di sostentamento del proprio nucleo familiare nel tempo occorrente per far valere il suo diritto in sede ordinaria”.

Le parole dell’avvocato Mario Rossi

A margine della sentenza, l’avvocato Mario Rossi esprime soddisfazione, affermando: “Il giudice ha correttamente applicato i principi costituzionali del diritto al lavoro e della personalità della responsabilità penale, affermando che un semplice rapporto di affinità o parentela con soggetti condannati per reati di stampo mafioso non può impedire, di per sé solo, il diritto all’assunzione di un lavoratore estraneo ai fatti criminosi del parente’.

E continua: “Né il Codice degli appalti, né la normativa in tema di responsabilità penale delle persone giuridiche contengono disposizioni che giustifichino la diversa interpretazione offerta dal datore di lavoro’.

Infine, secondo l’avvocato Rossi: “Un sistema giuridico moderno e garantista non può consentire che le colpe di un soggetto ricadano su terzi, anche quando vi sia tra di essi un rapporto di parentela o affinità. L’ordinanza del Giudice del Lavoro di Lecce rappresenta un approdo di civiltà giuridica, si distingue per equilibrio e mi sembra faccia corretta applicazione dei principi fondanti del sistema costituzionale del nostro Paese.”

 



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