Prestiti a usura ad un imprenditore che si tolse la vita, pena ridotta in Appello

Termina con una riduzione della pena il processo di secondo grado a carico dell’uomo accusato di usura nei confronti di un imprenditore che si tolse la vita.

Termina con la condanna, ma con una riduzione della pena, il processo di secondo grado a carico dell’uomo accusato di usura nei confronti di Mario Petito, ex presidente della cantina sociale “Cupertinum”. La sentenza è stata emessa, nelle scorse ore, dalla Corte di Appello di Lecce. I giudici hanno inflitto la pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione nei confronti di Fabio Tondo, 54 anni di Copertino. Era stato condannato a 6 anni, al termine del processo di primo grado.

La Corte di Appello ha eliminato anche la pena accessoria dell’interdizione legale ed ha sostituito l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella della durata di cinque anni. Confermato il risarcimento del danno in separata sede e i 40mila euro di provvisionale ai familiari della vittima (moglie e due figli), costituitisi parte civile con l’avvocato Francesca Conte.

Tondo era difeso dagli avvocati Anna Inguscio e Pantaleo Cannoletta che potranno proporre ricorso in Cassazione.

Mario Petito, 65 anni, si tolse la vita dopo aver ingerito un diserbante, il 20 gennaio del 2013.

L’indagine, coordinata dall’allora sostituto procuratore Giuseppe Capoccia, venne avviata con una serie di perquisizioni compiute dai carabinieri della Tenenza di Copertino. Tondo, in base all’accusa, avrebbe preteso da Petito, “interessi usurari in corrispettivo della prestazione di denaro”, in due occasioni (la prima riguardava la vendita di un oliveto) nel periodo compreso tra settembre del 2011 ed il gennaio 2013.