«Vi si accusa del tentato omicidio di Sua Maestà l’Imperatrice d’Austria. Confessate di aver fatto ciò?». «Sì», disse Luigi Lucheni, un italiano che sbarcava il lunario con lavoretti precari, durante l’interrogatorio. Era stato fermato dai passanti infuriati e consegnato alla Polizia pochi minuti dopo aver ucciso la principessa Sissi con una lima nascosta in un mazzo di fiori.
La strada di Elisabetta, la regina ossessionata dalla sua bellezza e dell’anarchico, un disgraziato convinto che un «grande gesto» avrebbe liberato il mondo dai coronati, si incrociò quasi per caso il 10 settembre 1898 sul lungolago di Ginevra, dove regina d’Ungheria era giunta in incognito accompagnata dai suoi 8 domestici in livrea nera e un carico di decine di valigie.
L’obiettivo di Lucheni non era Sissi. Per entrare a far parte della storia avrebbe ucciso Eugenio d’Orléans, pretendente al trono di Francia, atteso in Svizzera in quei giorni, ma il Duca cambiò programma e partì per Parigi prima che l’anarchico potesse mettere in atto il suo proposito. Quando i giornali diffusero la notizia che la contessa von Hohenembs che alloggiava presso l’Hotel Beau Rivage altri non era che l’Imperatrice d’Austria, al Lucheni venne l’idea di attentare alla sua vita. Aspettò l’imperatrice passeggiando tra la folla e nascondendo nella manica destra della giacca una lima sottile, accuratamente affilata.
L’omicidio
Il battello a vapore “Genève” diretto a Montreux aveva annunciato l’imminente partenza con un fischio. Elisabetta nascondeva il viso dietro una veletta e un ombrellino, ed era pertanto difficile da riconoscere. Era quasi arrivata al molo, quando fu aggredita da uno sconosciuto. L’imperatrice si accasciò a terra, silenziosamente, mentre la dama di compagnia – almeno così racconta la tradizione – le chiese preoccupata se volesse tornare in albergo. Elisabetta rispose che non era nulla, chiese chi fosse «quell’uomo terribile» e si rialzò. “Mi ha solo urtata al petto, probabilmente mirava al mio orologio”, disse.
Sissi si era imposta diete rigidissime, arrivando a pesare 50 kg. Indossava corpetti strettissimi. E proprio il corpetto che in quel momento stringeva il suo vitino da vespa servì, per pochi attimi, a contenere l’emorragia. La principessa riuscì a salire sul battello, ma appena salpò perse i sensi, cadendo fra le braccia della contessa Sztáray. Si pensò a uno svenimento per lo spavento dell’aggressione, ma fu molto peggio. Era stata pugnalata al cuore da quell’uomo con una lama improvvisata che aveva nascosto in un mazzo di fiori. Era troppo povero per comprarsi una pistola e perfino un pugnale: si arrangiò con una lima triangolare che aveva fatto affilare da un arrotino di Losanna.
Alle 14.40 il cuore della duchessa Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, per tutti la principessa Sissi, smise di battere. Tre ore dopo l’attentato.
Condannato all’ergastolo, Luigi Lucheni morirà in carcere per presunto suicidio. Ufficialmente si tolse la vita con la cintura dei pantaloni. La sua testa recisa venne esposta all’Hotel Metropole di Ginevra, dove spesso soggiornava Sissi. La principessa fu sepolta accanto al figlio nella Cappella dei Cappuccini, un posto che in vita aveva sempre odiato. Avrebbe desiderato essere seppellita in mare, magari in quello davanti alla sua amata Corfù, in Grecia, ma anche questo suo ultimo desiderio le viene impedito.
La principessa triste
Della duchessa di Baviera conosciamo quello che ci è stato tramandato: la leggendaria bellezza, l’ossessione per il corpo e i capelli, gli amori, le frivolezze, ma della vita vera dell’Imperatrice si sa ben poco. Nulla (o quasi nulla) è trapelato delle angosce, delle fughe, dei dolori dell’imperatrice che ha dovuto fare i conti il peso insopportabile delle tante tragedie familiari che hanno segnato la sua vita. Prima la morte dell’adorata figlia Sofia, a causa di una febbre presa sottogamba dai medici di corte, poi quella di Massimiliano, il fratello del marito, l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria. Ultimo dramma, il suicidio del figlio Rodolfo che si uccise con l’amante, la diciassettenne Maria Vetsera, nel piccolo paese di Mayerling.
Per cercare di distrarsi da queste angosce, Sissi cominciò vestire sempre di nero e a viaggiare sempre più spesso. Si spostava a bordo di una carrozza divenuta leggendaria, che poteva agganciarsi ai treni. Una vettura al cui interno era stato ricostruito un ambiente nobile, una lussuosa residenza con tanto di argenteria, cuscini in seta e ogni tipo di lusso a portata di mano.
Bellissima e inquieta, amata e tormentata, l’imperatrice non aveva paura di morire, e quando la polizia quel giorno si offrì di scortarla, lei rifiutò. Si racconta che la notte in cui arrivò in Svizzera abbia avuto una visione: una ‘figura bianca trasparente’ le aveva annunciato sciagure. Si dice anche che abbia avuto un cattivo presagio mentre si dirigeva frettolosamente verso il battello per non perdere la corsa. Raccontano anche che, prima dell’assassinio, un corvo le sfiorò la testa.