Processo di Appello bis sul crollo di una palazzina a Castro. Confermate due condanne

I giudici della Corte di Appello hanno invece assolto altri due imputati dopo l’annullamento con rinvio disposto dalla Cassazione.

Arriva la conferma di due condanne, al termine del processo di Appello bis sul crollo di una palazzina a Castro. I giudici della sezione promiscua (Presidente Ettore Nesti) hanno difatti ritenuto colpevoli: Martino Antonio Ciriolo, 58 anni, conduttore di un immobile e Angelo Rizzo, 57 anni, direttore dei lavori. Al termine del primo processo di Appello, vennero condannati rispettivamente alla pena di 2 anni ed 1 anno e 6 mesi (sospesa). I giudici hanno inoltre confermato il risarcimento del danno in favore delle parti civili.

Invece, la Corte ha assolto, perché il fatto non cositutisce reato i coniugi: Marcello Baccaro, 63 anni e Maria Rosaria Fedele, 60enne (affittuari degli immobili).

Gli imputati erano assistiti dagli avvocati Giuseppe Corleto e Marcello Petrelli. Le parti civili, tra gli altri, dagli avvocati Dimitry Conte e Luigi Covella.

Ricordiamo che nel 2018, la Corte di Cassazione ha annullato complessivamente sei condanne, nel processo sul crollo avvenuto in piazza Dante a Castro, il 31 gennaio del 2009. Nello specifico, “gli ermellini” hanno disposto due assoluzioni con formula piena “perché il fatto non sussiste” per i progettisti Luigi Fersini e Gabriele Fersini. Per gli altri quattro imputati, invece, la Cassazione ha stabilito l’annullamento con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello.

Sette imputati furono ritenuti colpevoli in primo grado. Erano finiti a giudizio con l’accusa di concorso in disastro colposo nel processo conclusosi il 27 ottobre del 2016, dinanzi al giudice Pasquale Sansonetti della seconda sezione penale. Gli imputati furono anche condannati al risarcimento delle parti civili, da stabilirsi in separata sede. Il giudice dispose comunque l’assoluzione di altre sei persone.

L’inchiesta condotta dal pubblico ministero Giuseppe Capoccia si è avvalsa della perizia dei consulenti tecnici d’ufficio – i professori Amedeo Vitone e Carlo Viggiani – e degli ingegneri Fabrizio Palmisano e Pietro Foderà che giunsero alla conclusione che il crollo “fosse stato causato dall’attività dell’uomo e non da cause naturali”.

Sotto la lente della Procura, finirono i lavori eseguiti in alcuni esercizi commerciali. Secondo l’accusa, gli imputati furono, a vario titolo e in diversa misura responsabili dell’indebolimento di una parte strutturalmente molto importante dell’edificio contiguo all’area del crollo, per “negligenza” ed inosservanza delle regole di sicurezza.

Nel corso degli anni, ai “carichi” originari costituiti dal banco di calcarenite che gravavano sui locali-grotta, se ne aggiunsero altri, frutto di un intervento dell’uomo. Vi fu una riduzione delle pareti portanti. La conseguenza, in base alla tesi della Procura, fu “il danneggiamento o la totale eliminazione dei percorsi utilizzati dai “carichi” per raggiungere il terreno di fondazione”. In particolare fu demolita una muratura portante originaria al confine con l’edificio contiguo, sostituendola con una trave in cemento armato. I lavori sarebbero stati realizzati in parziale difformità rispetto al progetto originario.



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