La storia di Renata Fonte, che ha pagato con la vita l’amore per il Salento

Quello di Renata Fonte, uccisa a pochi passi dalla sua abitazione, fu il primo omicidio di mafia del Salento. Era il 31 marzo 1984.

Tutti conoscono il volto gentile di Renata Fonte e ancor più il suo amore per il Salento, un legame indissolubile che le è costato la vita. L’eroina ambientalista ha pagato con la vita la sua battaglia contro la speculazione edilizia a Porto Selvaggio. Eletta Assessore alla cultura e alla pubblica istruzione nel 1982, fu la prima donna nella storia del comune a ricoprire quell’incarico. E per il suo ruolo è stata assassinata nella notte del 31 marzo 1984, con alcuni colpi di pistola mentre stava tornando a casa. Aveva appena 33 anni.

Se oggi Nardò è un luogo che incanta i turisti, che ‘strega’ con il suo paesaggio, è anche grazie a lei. Tra le chiese, le piazze, i vicoli che raccontano la storia e il passato della città e sussurrano i segreti che si nascondono tra i porticati e le facciate dei palazzi ci dovrebbe essere sempre il suo nome, inciso su ogni pietra.

Renata Fonte era una moglie e una mamma, ma anche una politica determinata a far bene il suo lavoro. Onesta, intelligente, caparbia e con la schiena dritta aveva combattuto, con le armi della parola, una battaglia per difendere il suo territorio, un patrimonio di inestimabile valore se è vero che alla bellezza non si può dare un prezzo. Proprio lì, su Porto Selvaggio, un fazzoletto di terra colorato di verde e di azzurro, qualcuno voleva allungare le mani. Il grigio del cemento avrebbe rovinato quell’angolo di paradiso e Renata Fonte lo sapeva bene. Per questo si era opposta con quello che aveva a disposizione: il coraggio. La forza di dire NO alla speculazione edilizia, ben sapendo che avrebbe urtato, anzi ostacolato gli interessi di uomini senza scrupoli che avrebbero voluto realizzare un residence affacciato sulla costa. Una speculazione edilizia che andava fermata. Purtroppo lo ha fatto con la vita.

L’agguato a pochi passi da casa

La sua lotta terminò il 31 marzo. Era un sabato, quel giorno. Era appena tornata a casa, dopo aver partecipato ad una seduta del Consiglio comunale quando, a pochi passi dalla sua abitazione, fu freddata con tre colpi di pistola. Un’esecuzione e niente più. Due sicari avevano premuto il grilletto, convinti che togliendola di mezzo avrebbero vinto la battaglia, ma non fu così.

Il primo omicidio di mafia commesso nel Salento non restò impunito. Per la Giustizia era stato Antonio Spagnolo, collega di partito di Renata e primo dei non eletti alle amministrative, ad aver ordinato il crimine. Ad eseguire materialmente il delitto era stato Giuseppe Durante. Furono condannati, in tutti i gradi di giudizio, anche Marcello My, Mario Cesari e Pantaleo Sequestro.

Chiunque, in vacanze in Salento, si ritrovi ad ammirare l’acqua cristallina del parco naturale di Porto Selvaggio, dovrebbe rivolgetele un pensiero a Renata Fonte, l’eroina che ci ha insegnato che nella vita, se si lotta, le cose possono cambiare.



In questo articolo: