Ex carabiniere freddato a colpi di fucile. Chiesto l’ergastolo per il presunto autore dell’omicidio

Il pm Alberto Santacatterina, al termine della requisitoria, ha chiesto la pena dell’ergastolo per Michele Aportone, 71enne di San Donaci.

La Procura chiede l’ergastolo per il presunto autore dell’omicidio di Silvano Nestola, l’ex carabiniere assassinato, fuori dalla casa della sorella, la sera del 3 maggio del 2021 a Copertino, dinanzi al proprio figlio.

Il pm Alberto Santacatterina, al termine della requisitoria, tenutasi in mattinata nel corso del processo che si sta celebrando dinanzi alla Corte d’Assise di Lecce (presidente Pietro Baffa, a latere Maria Francesca Mariano e giudici popolari), presso l’aula bunker di Borgo San Nicola, ha invocato la condanna alla pena dell’ergastolo per Michele Aportone, 71enne di San Donaci. L’imputato era presente in aula. Risponde dell’accusa di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili e detenzione illegale di arma da fuoco.

L’uomo, assistito dall’avvocato Francesca Conte, si è sempre professato innocente.

La difesa discuterà nella prossima udienza fissata per il 17 ottobre.

I familiari di Silvano Nestola si erano costituiti parte civile, già nel corso dell’udienza preliminare e sono assistiti dagli avvocati Enrico Cimmino e Vincenzo Maggiulli.

In mattinata sono stati ascoltati l’ex comandante del Ris di Parma, Luciano Garofano e il perito balistico Martino Farnesi, in qualità di consulenti tecnici della difesa. Il generale Garofano, in particolare, ha sostenuto come non ci siano tracce biologiche sui reperti analizzati che possano fare pensare ad una responsabilità dell’imputato e inoltre hanno sottolineato come la presenza di residue tracce di polvere da sparo su alcuni indumenti siano frutto di contaminazione e dunque di un errore.

In precedenza è stato ascoltato il perito informatico Antonio Politi, in qualità di consulente di parte, che ha analizzato i percorsi dove erano presenti le telecamere.

Invece, in un’altra udienza Elisabetta Aportone, figlia dell’imputato, è stata sentita come testimone della pubblica accusa. Elisabetta ha riferito che i genitori erano a conoscenza della sua relazione con Silvano Nestola, ma che il padre le diceva: “L’importante è che tu sia felice con lui”. E avrebbe anche detto alla moglie di non intromettersi.

Va detto che la madre di Elisabetta era stata inizialmente iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio, in concorso con il marito, ma in seguito la sua posizione è stata archiviata.

Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, coordinate dai pm Paola Guglielmi e Alberto Santacatterina e condotte dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Lecce, Silvano Nestola dopo essersi separato dalla moglie aveva iniziato dall’estate scorsa una relazione con la figlia di Michele Aportone (anche lei separata). Tale rapporto non era visto di buon grado ed era fortemente osteggiato da Aportone e da sua moglie, che vedevano in Silvano il responsabile della separazione della figlia dal marito.

I carabinieri hanno infatti ricostruito durante le indagini, ogni fase dell’omicidio avvalendosi del supporto delle immagini di un sistema di videosorveglianza installato in una zona non distante dall’area sosta camper (di cui Michele Aportone risulta titolare) che ritraggono l’uomo a bordo del suo Fiat Ducato alle ore 19.30 circa del 3 maggio del 2021, giorno in cui viene ucciso Silvano Nestola. Il 71enne, secondo l’accusa, esce per raggiungere l’abitazione di Copertino. Le immagini, successivamente, lo riprenderanno anche al rientro in quella stessa area camper alle ore 22.30 circa. Tale ricostruzione è stata confermata in aula, nelle scorse udienze, dai carabinieri che hanno condotto le indagini.

Ora si attendono gli sviluppi del processo.

 



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