
È terminata l’autopsia sul corpo di Antonio Leo, morto carbonizzato nella sua villetta di Collepasso. Il medico legale Alberto Tortorella, incaricato di svolgere l’esame, ha riscontrato segni di bruciatura in varie parti del corpo, tra cui il viso e le gambe. Ustioni che confermerebbero l’ipotesi degli inquirenti secondo cui il figlio Vittorio, accusato di omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela, potrebbe aver volontariamente appiccato fuoco sul corpo del genitore, quando era ancora vivo, trasformandolo in un rogo umano.
La versione dell’agente immobiliare dice altro. Il 48enne ha raccontato agli inquirenti di un incidente. In uno scatto d’ira, avrebbe spruzzato l’alcool contenuto in una bottiglia di plastica all’altezza del torace, mentre l’anziano si trovava vicino ad un fornello acceso, intento a preparare il pranzo. Un gesto d’ira, dopo l’ennesimo rimprovero. La fiamma avrebbe scatenato il fuoco che ha avvolto il corpo del padre.
L’autopsia non ha riscontrato ferite o tagli di altro tipo. Dunque, solo segni di bruciature un po’ ovunque. “Non so spiegare perché avesse volto e capelli ustionati, nonostante si fosse tolto la maglia. Forse possono essere state provocate dalla fiamma dei pantaloni che ancora indossava” aveva dichiarato il 48enne.
All’esame erano presenti anche i consulenti di parte. I difensori di Vittorio Leo, gli avvocati Francesca Conte e Andrea Luigi Cucco, hanno nominato il dr. Francesco Faggiano. La figlia di Antonio e sorella di Vittorio, difesa dall’avvocato Elvia Belmonte, ha nominato il medico legale Roberto Vaglio.
Bisognerà ora attendere i risultati degli esami istologici per avere un quadro completo sulla dinamica dell’omicidio. Intanto, i legali di Vittorio Leo stanno valutando la possibilità di chiedere una perizia psichiatrica per verificare la sua capacità d’intendere e di volere, al momento dei fatti.
Tanti i dubbi
Resta da capire perché Vittorio non abbia mosso un dito per evitare che il padre morisse. Un’indifferenza che ha giustificato – durante l’interrogatorio – con l’astio covato per anni. L’anziano, insegnante in pensione, gli rimproverava il fatto di non essersi mai laureato, di aver abbandonato gli studi di ingegneria per diventare un agente immobiliare. E poi i continui paragoni con la sorella (medico-psichiatra residente in provincia di Roma da anni), la ‘preferita’, che era riuscita dove lui aveva fallito.
Il 48enne non ha mostrato segni di pentimento, neanche quando ha raccontato dinanzi al pm Luigi Mastroniani, di aver cucinato un piatto di pasta al ragù per ‘stemperare la tensione’, mentre il cadavere del padre era riverso sul pavimento del bagno. Nessuna compassione verso il genitore privo di vita, mentre puliva meticolosamente l’appartamento, apriva le finestre per far entrare un po’ d’aria e staccava la luce per evitare che qualcuno citofonasse.