Roberta Martucci, una “scomparsa” ancora avvolta dal mistero

Roberta Martucci scomparve nel nulla dopo aver lasciato la sua casa a Torre San Giovanni. Era il 20 agosto del 1999.

Sono passati 24 lunghi anni da quella calda serata di fine estate, quando Roberta Martucci scomparve nel nulla. Da quel “maledetto” 20 agosto 1999 di questa giovane ragazza, ultima di cinque figlie e impiegata in un centro per anziani, si è persa ogni traccia.

Resta impressa a chi non l’ha conosciuta la descrizione diramata per aiutare nelle ricerche: i capelli castani, il sorriso smagliante, la gonna nera a fiori, le scarpe con il tacco alto e il giubbino grigio indossati per andare ad una festa. Questo ha detto alla famiglia quando, poco dopo le 20.00, è uscita dalla sua abitazione a Torre San Giovanni, nella marina di Ugento, per raggiungere un’amica a Gallipoli. A quell’appuntamento nella Città Bella, Roberta non arrivò mai. Una cosa è certa, qualcuno la aspettava: durante il tragitto risponde al cellulare, pronuncia solo due parole «Sto arrivando». Una frase che la sorella, a cui aveva dato un passaggio, ricorda bene.

L’hanno cercata a lungo quella notte. L’amica con cui la 28enne doveva incontrarsi per fare shopping approfittando dei saldi estivi, non vedendola arrivare, ha provato più volte a chiamarla. Almeno fino alle 23.00, ora in cui le avrebbe inviato un messaggio: «Roberta per favore non fare scherzi. Chiamami» si legge. Ma la 28enne aveva detto alla madre di dover andare a una festa. E sembrava così dall’abbigliamento, troppo elegante per un semplice giro tra i negozi e troppo vistoso per una ragazza acqua e sapone che amava uscire in tuta.

Anche mamma Concetta, preoccupata di non vederla rincasare, ha tentato più e più volte di rintracciarla telefonicamente. Entrambe invano, entrambe non hanno mai ricevuto risposta. Alle 3.00 pare che il cellulare abbia squillato per tre volte. Poi il silenzio che dura da troppo tempo.

Il ritrovamento dell’auto

L’unica notizia arriva quattro giorni dopo, la mattina del 24 agosto. L’auto, la Fiat Uno bianca, è stata ritrovata in via Genova a Gallipoli. Non si è mai capito chi l’abbia portata lì, né quando. Sul sedile posteriore è stata ritrovata la giacca indossata dalla 28enne quella sera. Eppure il proprietario del bar, situato poco lontano, ha sempre riferito che il giorno prima del ritrovamento la macchina lì non c’era. Non solo, una volta dissequestrata, sarebbero ricomparsi chiavi e libretto della vettura. Un dettaglio per la famiglia rimasto inspiegabile.

Le piste che non hanno portato a nulla

Un biglietto ritrovato in camera della 28enne con una frase stenografata –  “Ti amo mio dolce amore” –  fa pensare ad una relazione ‘nascosta’ dopo la rottura con il fidanzato storico,  ma si brancola nel buio. Anche la pista delle amiche che hanno minimizzano il rapporto con la ragazza riducendolo ad una  conoscenza superficiale (nonostante siano state smentite dai tabulati telefonici) ha portato in un vicolo buio come la storia delle feste a base di droga e sesso, di cui gli inquirenti non sono mai riusciti a trovare traccia.

Sono trascorsi gli anni e, tralasciando qualche “particolare”, la storia continua ad essere avvolta dal mistero. C’è una testimonianza di un uomo, riportata dalla trasmissione “Chi l’ha visto?” che spesso si è occupata del caso, che ha raccontato alla redazione di aver visto Roberta salire a bordo di una Mercedes, guidata da un ragazzo con i capelli lunghi. A volte da sola, a volte insieme ad un’amica.

Poi ancora il silenzio. Tre anni dopo, una lettera anonima con timbro postale di Bari ha riaperto il caso. Sul foglio, battuta al computer, la scritta «Se volete la verità cercatela a Gallipoli tra le amiche. Non posso dire altro».

Un segreto e un uomo che Roberta conosceva bene

Depistaggi architettati dal vero responsabile per paura di essere scoperto secondo la famiglia che non ha mai smesso di cercare la verità, né di chiedere giustizia. Ne è convinta anche la criminologa Roberta Bruzzone che, insieme alla collega salentina Isabel Martina e all’avvocato Fabrizio Ferilli, ha cercato di chiarire i tanti punti interrogativi rimasti, per anni, senza risposta. «In questa vicenda – aveva dichiarato – ci sono stati almeno nove tentativi di depistaggi operati con messaggi, telefonate e fax inviati anche alla Procura in forma anonima e con l’obiettivo di far ricadere i sospetti sulle due amiche di Roberta che, invece, sono estranee ad ogni contesto così come anche l’ex fidanzato».

Ma nei confronti dell’uomo ci sono solo “sospetti e congetture” secondo il Gip che ha archiviato l’inchiesta.

La 28enne, secondo la famiglia, sarebbe stata uccisa da una persona molto vicino alla famiglia, forse per un segreto inconfessabile. Non si cerca più Roberta, quindi, ma il suo corpo e il suo assassino. Se così fosse, aveva ragione Voltaire “Ai vivi si devono dei riguardi, ai morti si deve soltanto la verità”