Salvo D’Acquisto, la storia del sacrificio di un coraggioso carabiniere

Il 23 settembre 1943 il Vicebrigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto, appena ventitreenne, decise di sacrificarsi per salvare alcuni cittadini di Torrimpietra accusati dai nazisti di un attentato mai avvenuto

«Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!» Si può riassumere con questa frase pronunciata (sembra) poco prima di morire la storia di Salvo D’Acquisto, il vicebrigadiere dei Carabinieri ucciso dai nazisti il 23 settembre 1943 per salvare un gruppo di cittadini condannati dagli ufficiali delle SS per vendicare la morte di un paracadutista tedesco in un attentato, mai avvenuto. Il militare, appena 23enne, decise di sacrificarsi per proteggere degli innocenti. Per capire tocca fare un passo indietro e portare le lancette dell’orologio alla sera prima.

L’incidente …

L’8 settembre 1943, dopo l’armistizio firmato da Badoglio, un reparto di paracadutisti tedeschi occupò una caserma abbandonata della Guardia di Finanza non lontano dalla Torre di Palidoro, nella zona di Torrimpietra, una borgata rurale a 30 di chilometri da Roma, dove D’Acquisto, promosso a vicebrigadiere, fu destinato a dicembre del 1942. La sera del 22 settembre alcuni soldati del Reich, perlustrando la costruzione, trovarono una cassa di munizioni, forse sequestrata dalle fiamme gialle e lasciata lì. Cercando di forzarla o maneggiando una bomba a mano provocarono un’esplosione. Un paracadutista morì sul colpo, altri due rimasero feriti.

Un incidente interpretato come un attentato. A quel punto, il comandante del reparto chiese ‘aiuto’ ai Carabinieri della locale stazione, comandati temporaneamente dal vicebrigadiere, per dare un volto e un nome ai responsabili dell’accaduto, minacciando una rappresaglia se entro l’alba non avessero catturato gli autori. I colpevoli dovevano essere consegnati e l’oltraggio andava punito in maniera esemplare. Fu così che, in una soleggiata mattina di settembre, la cittadina si trasformò nel teatro di un’azione repressiva, destinata a entrare nei libri di storia.

…e la vendetta

D’Acquisto provò a dimostrare che si era trattato di un incidente, drammatico, ma un incidente, ma i tedeschi non accettarono questa versione e confermarono l’intenzione di mettere in pratica una vendetta, come prevedeva un’ordinanza emanata dal Albert Kesselring solo pochi giorni prima. Non solo minacce, non solo parole. Furono scelti a caso tra gli abitanti della zona 22 uomini da giustiziare. C’erano padri di famiglia, con i loro figli. C’erano fabbri e muratori, uno fu costretto a scavare con le mani la sua fossa non essendoci pale a sufficienza per tutti.

Anche D’Acquisto fu prelevato con la forza dalla Caserma e condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Furono tutti interrogati e, ovviamente, tutti si dichiararono innocenti. Anche il vicebrigadiere fu “invitato con le cattive”” ad indicare il nome dei responsabili, ma D’Acquisto continuò a sostenere che l’esplosione era stata accidentale, che non c’era alcun colpevole da trovare, che si trattava di una tragedia, accaduta accidentalmente, rovistando nella cassa abbandonata. Non servì a nulla. Alla fine, i prigionieri furono condotti fuori dal paese, ai piedi dell’imponente torre medievale, per essere fucilati.

Il sacrificio di Salvo D’Acquisto

Salvo D’Acquisto provò un ultimo disperato tentativo di chiarire la situazione per di salvare quegli innocenti. Ma quando si rese conto che era impossibile convincere i tedeschi, decise di sacrificarsi, autoaccusandosi dell’incidente. Accettò di morire, ma chiese che i prigionieri fossero liberati. Gli ostaggi furono rilasciati e, mentre scappavano, udirono in lontananza il rumore della scarica di un’arma automatica. Uno, in particolare, raccontò di aver sentito gridare «Viva l’Italia». Il corpo del vicebrigadiere rimase sepolto da un cumulo di terra nel posto in cui era stato giustiziato per qualche giorno, fino a quando due donne decisero di dare a quell’eroe coraggioso una degna sepoltura.

Nelle pagine dove si raccontano gli orrori della seconda guerra mondiale, al capitolo Salvo D’Acquisto si può leggere soltanto “fucilato il 23 settembre 1943 per ordine di un ufficiale nazista”, ma il nome dell’assassino del vicebrigadiere, di colui che ha ordinato l’esecuzione non sarà mai trovato. Non compare nei libri di storia che raccontano di questo coraggioso carabiniere che non piegò la testa, ma alzò la voce per gridare forte: «W l’Italia».



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