Ammazzò i vicini di casa per il parcheggio, Pappadà chiede di essere giudicato con il rito abbreviato

L’avvocato Nicola Leo che difende Roberto Pappadà, l’autore della Strage di Cursi, ha chiesto il rito abbreviato. Udienza fissata il 15 maggio.

«Lo facevano apposta a lasciare le macchina davanti a casa mia. Ho sbagliato e non voglio essere difeso. Pagherò, ma dovevo mettere fine a questa storia». Erano state queste le parole pronunciate da Roberto Pappadà – il 57enne di Cursi accusato di aver ammazzato i vicini per il parcheggio – durante l’interrogatorio dopo la strage, quando ha ‘ricostruito’ la sua lucida vendetta.

Accusato di triplice omicidio aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione, tentato omicidio e detenzione e porto di arma clandestina, ora dovrà pagare il suo conto con la giustizia ed il suo avvocato Nicola Leo ha chiesto il rito abbreviato che consentirebbe al 57enne di ottenere lo sconto di un terzo della pena. L’udienza in camera di Consiglio per discutere della richiesta è fissata per il 15 maggio, davanti al Gup Simona Panzera.

È probabile che Fernanda Quarta, Carla Marti e Simona Marrocco, difese dall’Avvocato Arcangelo Corvaglia e Fabrizio Antonio Leo, difeso da Marino Giausa, si costituiranno parte civile.

La strage

L’uomo, dopo aver tentato di spiegare agli inquirenti che il vaso era ormai «sbatterrato», ha raccontato come ha sparato ad Andrea Marti, appena tornato a casa insieme alla fidanzata, colpendolo al petto e alla testa. È stato l’unico, come confermato dall’autopsia, ad essere raggiunto da due colpi. Qualche minuto dopo è toccato a Franco, papà di Andrea. Pappadà ha aperto il fuoco mentre l’uomo era accovacciato a terra per tentare di “salvare” il figlio, in realtà già morto. Un solo colpo, fatale, gli ha causato una grave emorragia.

Non ce l’ha fatta neanche la zia, Maria Assunta Quarta, deceduta dopo la corsa in Ospedale. La sua unica colpa? Quella di far parte di quella famiglia che, come ha raccontato, doveva essere “sterminata”. L’unica sopravvissuta è mamma Fernanda, colpita all’addome solo di striscio.

La confessione

L’uomo, che ora si trova nel carcere di Taranto, ha raccontato di aver agito per “disperazione”. Era stanco del comportamento dei vicini che occupavano sempre il parcheggio vicino alla sua abitazione, la casa materna, nonostante le ripetute lamentele. Quel posto, per Pappadà, era importante. L’ex operaio, descritto da tutti come una brava persona, accudiva la sorella disabile.



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