Strage di Cursi: Roberto Pappadà condannato all’ergastolo per l’omicidio dei vicini di casa

Il gup Simona Panzera ha disposto anche, al termine del rito abbreviato, il risarcimento del danno, in separata sede in favore delle parti civili

Ergastolo! È l’esito del processo con il rito abbreviato sul triplice omicidio di Cursi.

Roberto Pappadà è stato condannato al carcere a vita con la formula del rito abbreviato (consente lo sconto di pena di un terzo). L’imputato rispondeva di triplice omicidio aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione, tentato omicidio e detenzione e porto di arma clandestina.

Il gup Simona Panzera ha disposto anche il risarcimento del danno, in separata sede. Nella scorsa udienza, assititi dall’avvocato Arcangelo Corvaglia, si sono costituiti parte civile: Fernanda Quarta, madre di Andrea Marti, la sorella Carla Marti e la convivente Simona Marrocco. Non solo, anche Fabrizio Leo, marito di Maria Assunta Quarta, (l’altra vittima), si è costituito parte civile con l’avvocato Marino Giausa (nella foto qui sotto gli avvocati Corvaglia e Giausa).

 

 

Oggi, nel corso della discussione in aula, anche il sostituto procuratore Donatina Buffelli ha invocato la pena dell’ergastolo. Successivamente, ha preso la parola l’avvocato Nicola Leo, difensore di Roberto Papadà. Il legale ha chiesto l’attenunante della provocazione per accumulo, sostenendo abbia agito in preda ad uno stato d’ira, esasperato dai continui soprusi subiti per questioni legate al parcheggio. Non solo, anche le attenuanti generiche per la collaborazione mostrata in fase d’indagine (nella foto qui sotto l’avv. Nicola Leo).

 

 

Oggi non ha partecipato all’udienza Roberto Papadà. Erano invece presenti Fernanda Quarta e Fabrizio Leo (nella foto qui sotto).

 

 

La ricostruzione della follia

Il 28 settembre scorso, le lancette dell’orologio avevano da poco segnato le 23.00, quando il 57enne ha messo in scena il piano uccidendo tre persone. Il primo a perdere la vita è stato Andrea Marti. Il 36enne stava rientrando nella sua casa di Cursi con la fidanzata, quando a pochi passi dalla porta di ingresso ha trovato Pappadà, fermo davanti a lui con la pistola in mano.

Qualche minuto dopo, sono arrivati in macchina Franco Marti, freddato dal vicino, la moglie Fernanda Quarta (rimasta ferita), la sorella della donna Maria Assunta, uccisa da Pappadà e il marito (l’unico illeso). I carabinieri prontamente intervenuti sul posto, sono riusciti a calmare il 57enne che, al loro arrivo, aveva ancora l’arma carica in mano.

La strage familiare, secondo quanto dichiarato dallo stesso Pappadà durante l’udienza di convalida, sarebbe stata da lui ideata per dissidi legati al parcheggio dell’auto. È ancora un mistero il modo in cui il pluriomicida sia riuscito a procurarsi l’arma priva di matricola.

Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo di Lecce, assieme ai colleghi del Norm di Maglie, e coordinate dal pm Donatina Buffelli.



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