La strage di via Palestro, quando Cosa Nostra colpì il cuore di Milano

Il 27 luglio 1993 una Fiat Uno imbottita di tritolo esplose, provocando la morte di cinque persone. Era parcheggiata in via Palestro

27 luglio 1993. L’orologio aveva da poco segnato le 23.00, quando in via Palestro, nel cuore di Milano, si scatena l’inferno. Un’auto imbottita di tritolo esplose a pochi passi dalla Galleria d’arte Moderna e dal Padiglione di arte contemporanea uccidendo cinque persone. I vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno – intervenuti su segnalazione di una coppietta che avevano notato una Fiat Uno da cui usciva fumo bianco – morirono sul colpo. Persero la vita anche l’agente di polizia municipale Alessandro Ferrari, il primo che aveva bloccato la strada e Moussafir Driss, un povero cristo marocchino che dormiva su una panchina dei giardini pubblici. È morto così, per caso.

I caschi rossi avevano visto nel cofano di quell’auto sospetta un involucro di grosse dimensioni e temendo fosse una bomba avevano ordinato di evacuare la zona. «Via, via!» urlarono, ma non bastò a mettere tutti in salvo. È stato un attimo e anche Milano si ritrovò nel terrore vissuto, solo due mesi prima, sotto la torre dei Georgofili, a Firenze. I vigili del fuoco morirono sul colpo, il marocchino che dormiva su una panchina per un pezzo volato via nello scoppio. Senza scampo l’agente che stava tornando controllare la targa per vedere se era un’auto rubata. La registrazione di quell’ordine rimase sul nastro della sala radio.

L’attentato, doloroso, firmato da Cosa Nostra per chiedere l’eliminazione del carcere duro, aveva riportato indietro le lancette dell’orologio alla strage di piazza Fontana.

Macerie, vetri spezzati, morte e 12 persone ferite. Questo ha lasciato l’esplosione della bomba che ha fatto saltare in aria anche una condotta del gas. I Vigili del fuoco lavorano a lungo per domare l’incendio. Mancavano pochi minuti alle tre e le fiamme erano ancora altissime, mentre una ruspa spaccava l’asfalto per intervenire sulla conduttura del gas e evitare nuovi scoppi. In quei momenti senza tempo le priorità erano due: mettere al sicuro la zona e salvare le
persone e cercare di non spazzare via o compromettere elementi utili alle indagini.

Quella stessa notte toccherà a Roma, con gli attentati alla Basilica di San Giovanni in Laterano e alla Chiesa di San Giorgio a Velabro.

Le indagini

Con la strage di via Palestro la mafia aveva deciso di colpire il cuore del capoluogo lombardo, a poca distanza da San Babila e da piazza Duomo. Per anni si è parlato di una “biondina”. Una donna bella, capelli
lunghi, carnagione chiara, lineamenti regolari, probabilmente sotto i trent’anni che dopo aver parcheggiato la Fiat Uno in via Palestro era fuggita via su un’altra auto con due uomini a bordo. Almeno due testimoni hanno raccontato di questa sconosciuta, ma non è stata mai identificata. Della bionda non c’è traccia in nessuna sentenza.

Tre boati squarciano l’Italia nella notte fra il 27 e il 28 luglio 1993, uno a Milano e due a Roma. Tre boati e una sola verità, rimasta incompleta.

Se gli esecutori materiali (e coloro che li aiutarono logisticamente) sono stati individuati, non è ancora stata fatta chiarezza sui mandanti.



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