
Il 2 settembre scorso la direttrice di un ufficio postale di Lecce ha sporto denuncia in merito ad una truffa subita nel proprio esercizio da parte di un uomo che, in precedenza, si era presentato al telefono come il capitano dei Carabinieri.
L’uomo avrebbe richiesto di ricaricare una “carta postepay” della figlia, prima per una somma di 720 euro e, successivamente, per altri 300 con l’impegno di versarle di persona successivamente. La direttrice della posta prima di effettuare il versamento, per accertarsi della veridicità delle credenziali fornite dall’interlocutore, ha composto il numero di telefono dal quale era stata contattata. Dall’altra parte della linea ha risposto un uomo che si è spacciato per un operatore della centrale dei Carabinieri ed ha passato la cornetta del telefono al sedicente Capitano. A quel punto, credendo alla buona fede del cliente la direttrice ha effettuato la prima ricarica.
Fortunatamente la donna si è riservata di effettuare la seconda ricarica al pagamento della prima e, dopo aver constatato che il presunto capitano, nell’arco della giornata, non si era ancora presentato a saldare la cifra di denaro che era stata anticipata, la donna si è recata presso l’Ufficio denunce dove ha raccontato l’accaduto. Utilizzando i dati forniti in denuncia, i poliziotti della Sezione Volanti hanno accertato le generalità dei titolari del numero di telefono fornito e del beneficiario della postepay.
Gli autori della truffa consumata in concorso sono di Maddaloni in provincia di Caserta e sono stati identificati in un 33enne, V. G., e un 38enne F. P.. Il primo risultava essere l’intestatario del numero di telefono abbinato a un’utenza telefonica della Tim, utilizzato per richiedere e sollecitare le ricariche della carta pastepay e, il secondo, intestatario della carta pastepay ricaricata, che Poste Italiane ha provveduto a bloccare nella stessa giornata del 2 settembre.
Ulteriori accertamenti infoinvestigativi hanno portato ad apprendere che entrambi risultavano indagati in stato di libertà più volte per reati simili e, in particolare, l’8 luglio 2013 sono stati indagati in stato di libertà dalla Guardia di Finanza di Caserta per “associazione a delinquere finalizzata alle truffe anche attraverso l’uso di account intestati a sedicenti ufficiali sia della Guardia di Finanza che dell’Arma dei Carabinieri”. Alla luce degli accertamenti esperiti, i due sono stati indagati in stato di libertà per il reato di truffa aggravata in concorso.