Giovane egiziano detenuto prova a togliersi la vita in carcere. Salvato dagli agenti di Borgo san Nicola

Aveva solo 18 anni il detenuto africano che ha provato ad impiccarsi nell’infermeria dell’Istituto di pena leccese. Fortunatamente gli agenti di polizia penitenziaria lo hanno salvato. Il plauso del sindacato Osapp

Un’altra vita umana salvata dagli agenti di Polizia Penitenziaria nel carcere di Borgo San Nicola a Lecce. A comunicarlo in una nota stampa il vice segretario regionale Osapp Puglia Ruggiero Damato che plaude alla professionalità, all’abnegazione e soprattutto all’umanità del personale in servizio.

La scorsa notte, infatti, nel Reparto Infermeria dell’istituto di pena salentino, un giovane egiziano di soli 18 anni ha provato a togliersi la vita impiccandosi. L’attenzione continua dei poliziotti penitenziari nei confronti di tutto ciò che si verifica in quegli spazi in cui si trovano molti più detenuti di quanto la struttura non consenta e molti meno vigilanti di quanto la pianta organica preveda, ha evitato che si piangesse la scomparsa di una giovane vita.

Amare le considerazioni a margine dell’episodio da parte del sindacato che da anni ormai testimonia un’ assoluta trascuratezza nei confronti dei suoi iscritti da parte delle istituzioni. Disattenzioni che sono ovviamente di carattere economico ma non solo dal momento che in tante occasioni è più la totale assenza di considerazione a ferire che qualche arrotondamento in busta paga che pure non sarebbe sgradito vista la mole di lavoro a cui sono sottoposti le donne e gli uomini in divisa.

‘Salviamo quasi quotidianamente vite umane – scrive Damato – nell’assordante silenzio e nell’indifferenza della politica e delle istituzioni; questa purtroppo è l’amara realtà. Ricordiamo a noi stessi che questa è la vera polizia penitenziaria fatta di grandi uomini e donne, con grande senso dello Stato, del dovere e del rispetto della dignità umana e non quello che si legge e si vede spesso sulla stampa e in tv, senza mai ricevere alcuna gratificazione in primis dai vertici dell’Amministrazione e poi da parte di rappresentanti delle Istituzioni, tranne quelle rare volte in occasioni quasi obbligate e di facciata. E questo fa male non solo alla polizia penitenziaria ma all’intero sistema’.