Terremoto in Irpinia, 90 secondi per provocare morte e distruzione

Il terremoto in Irpinia è una ferita ancora aperta. 90 secondi provocarono 3mila morti, 9mila feriti e 300mila senza tetto. Interi paesi, patrimonio italiano, furono distrutti.

23 novembre 1989. Le lancette dell’orologio avevano da poco segnato le 19.34, quando una violenta scossa provocò morte e distruzione. Passò alla storia come il terremoto in Irpinia, ma fu molto di più di un sisma di magnitudo 6,9 gradi della scala Richter. Fu una catastrofe, uno degli eventi più drammatici della storia del Mezzogiorno. Migliaia di vite spezzate, di famiglie rimaste per strada, di borghi cancellati, di strade e storie distrutte, di ferite che dureranno tutta la vita.

Il bilancio fu drammatico: 2.914 morti, 8.848 feriti, 280mila sfollati, sei paesi al confine tra la Campagnia e la Basilicata interamente rasi al suolo, 77mila case danneggiate. Tutto in 90 secondi durati una eternità. Una “malanotte” come la descrisse l’inviato del Mattino di Napoli, Gianni Festa.

Un disastro naturale, imprevedibile, ma non solo. Nessuno conosceva quei luoghi e tantomeno le strade per arrivarci e i ritardi resero ancor più grave la tragedia. «Fate presto, per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla» fu il grido di Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica davanti alle immagini lasciate dal terremoto. «Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi» disse nel suo discorso a reti unificate, quando chiese agli italiani di rimboccarsi le maniche per aiutare i loro connazionali, invitandoli a fare come gli “angeli del fango” che si erano recati nella Firenze alluvionata del novembre 1966. “Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi” disse invocando la solidarietà umana. Per il Paese fu uno choc.

Ritardi anche nella ricostruzione che avrebbe dovuto essere una sorta di riscatto. Sono passati 40 anni da quell’incubo, ma sono ancora visibili i segni di una calamità che ha colto l’Italia impreparata. Alcuni centri antichi sono diventati paesi fantasma come Conza, Apice e Melito Irpino.

Sono tanti i ricordi dolorisi legati al terremoto dell’80. Come la tragedia di Balvano. Quando la terra ha tremato è crollato il soffitto della Chiesa Madre seppellendo sotto le macerie 66 persone, tra cui molti ragazzi e bambini. Una intera genera generazione del paese fu cancellata quel giorno. Chi non c’era quella calda sera di fine novembre, ha ascoltato i racconti del dramma, tutte le sue sfaccettature di una catastrofe.



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