Chiesta la condanna a 27 anni di reclusione per Rocco Pierri, accusato di avere strangolato Maurizio D’Amico, nel lontano 2001, all’interno della sua abitazione in una cittadina svizzera.
Il sostituto procuratore generale Maria Rosaria Micucci, dinanzi ai giudici della Corte d’Assise d’Appello, presso l’aula bunker di Borgo San Nicola, ha chiesto una riduzione della pena per il 47enne originario di Casarano ma residente a Specchia, accusato del reato di omicidio volontario aggravato, escludendo l’aggravante contestata e nello specifico il collegamento con il furto del bancomat per un debito di droga.
La sentenza è prevista al termine della prossima udienza fissata per l’11 maggio.
In primo grado, la Corte d’Assise (presidente Pietro Baffa, a latere Francesca Mariano e giudici popolari) aveva condannato Rocco Pierri alla pena dell’ergastolo. I giudici avevano però dichiarato estinto il reato di furto aggravato, per intervenuta prescrizione.
Inoltre, era stato disposto il risarcimento del danno in separata ed una provvisionale di 50mila euro ciascuno, per i genitori ed altri familiari della vittima, Maurizio D’Amico, 26enne di Carpignano Salentino. Le parti civili sono assistite dagli avvocati Alessandro Stomeo, Salvatore Centonze e Katia Botrugno. L’imputato è difeso dagli avvocati Tommaso Stefanizzo ed Ester Nemola che già in primo grado avevano invocato l’assoluzione, ritenendo il processo puramente indiziario e sottolineando la mancanza di prove e di un movente valido.
Rocco Pierri è accusato del delitto, avvenuto nella notte tra il 16 ed il 17 settembre del 2001, di Maurizio D’Amico con cui coabitava nella cittadina svizzera di Adliswill, in provincia di Zurigo. Pierri, nello specifico, in concorso con un’altra persona non identificata, dopo aver legato ed imbavagliato D’Amico con delle bande adesive lo avrebbe strangolato con una sciarpa intorno al collo, per poi infilarne il capo in una busta di plastica che chiudeva con bande adesive e appiccare il fuoco al letto dove egli giaceva. L’imputato è accusato di essersi impossessato della carta bancomat del suo coinquilino dopo averlo ucciso, sottraendola dall’appartamento dove abitavano, per poi tentare di prelevare 300 franchi svizzeri da uno sportello bancario (così come dimostrerebbero le immagini registrate dalla telecamera).
La polizia elvetica aveva spiccato, nei confronti di Pierri, un ordine di arresto internazionale il 2 novembre del 2001. Fu arrestato in Italia, nel dicembre del 2012 dopo un controllo degli agenti di polizia del Commissariato di Taurisano. Pierri venne “incastrato” dalla prova del DNA, grazie al rinvenimento del suo profilo genetico sugli oggetti usati per commettere il delitto, nel corso delle indagini coordinate dal pm Francesca Miglietta.
Attualmente si trova piede libero.