«Zes Unica? Una partenza tutta in salita», i 5 NO di Federaziende

La Zes Unica nasce per stimolare la crescita economica, attirare investimenti e creare opportunità di lavoro. Ma le criticità sono tante.

La creazione e l’attivazione di Zone Economiche Speciali (ZES) sono spesso soggette a dibattiti intensi e polemiche. Recentemente, l’attenzione si è concentrata sull’iniziativa del Governo Meloni di istituire la Zes Unica, generando un vivace scambio di opinioni tra sostenitori e oppositori.

Proprio in questi giorni il Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, è stato impegnato in Salento a difendere la scelta della Zes Unica che dal 1° marzo 2024 accorperà e sostituirà le 8 Zes regionali del Meridione, come previsto dal Decreto Sud, recante disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonché in materia di immigrazione, che è stato poi convertito nella legge numero 162 del 13 novembre 2023.

Il Ministro si è reso protagonista anche di un botta e risposta con l’assessore regionale allo Sviluppo Economico Alessandro Delli Noci in occasione dell’ assemblea di Confindustria Lecce che ha sancito l’elezione del nuovo presidente Valentino Nicolí.

Il giorno precendente era stata la Sala Conferenze della Camera di Commercio di Lecce ad accendere un focus sul tema con l’incontro dal titolo ‘Zes Unica – Zona Economica Speciale per il Mezzogiorno: benefici ed opportunità per le imprese della provincia di Lecce‘. Anche in quella occasione il Ministro aveva ribadito dal suo punto di vista i lati positivi della scelta, alla presenza di Mario Vadrucci, presidente dell’ente camerale, dei presidenti e segretari delle associazioni datoriali maggiormente rappresentative del territorio e di Andrea Prete, presidente di Unioncamere nazionale. Ma anche lì le parole dell’importante esponente dell’ Esecutivo non avevano convinto tutti ed aveva fatto rumore la presa di posizione di Federaziende che, nell’ occasione, come già aveva fatto in precedenza, ha messo sul tavolo cinque gravi criticità, per certi versi inconfutabili:

1) l’eccessiva ampiezza della Zes (un’area di 20 milioni di persone) che azzera le specificità negli investimenti;

2) l’accentramento nelle mani della Presidenza del Consiglio dei Ministri della cabina di regìa della Zes Unica;

3) l’aumento dell’importo minimo (da 200 mila euro in su), per i progetti di investimento che taglia fuori tutte le medie e piccole imprese;

4) la scarsa dotazione finanziaria (sono insufficienti gli 1,8 miliardi di euro stanziati dal Governo per il primo anno);

5) l’inapplicabilità  dei benefici economici ai soggetti che operano nei settori della banda larga, uno degli asset trainanti per lo sviluppo tecnologico e la competitività delle imprese.

Ma andiamo con ordine.

Contesto e Obiettivi della ZES Unica

La ZES Unica è stata proposta con l’obiettivo di stimolare la crescita economica, attirare investimenti e creare opportunità di lavoro. L’idea è di concentrare risorse in un’area geografica specifica, offrendo incentivi fiscali e agevolazioni per le imprese che decidono di stabilirsi lì. Questo approccio è spesso considerato un mezzo efficace per affrontare problematiche economiche locali e nazionali.

Le voci a favore della ZES Unica

I sostenitori della ZES Unica argomentano che la creazione di queste zone speciali può portare a una maggiore competitività, incoraggiare l’innovazione e migliorare l’infrastruttura locale. Sottolineano anche l’attrazione di investimenti stranieri e nazionali, che potrebbero contribuire significativamente alla crescita economica complessiva del paese. Sul tema dell’ accorpamento delle 8 Zes regionali alzano lo scudo della semplificazione anche se è un azzardo accompagnare la parola semplificazione con la strutturazione ministeriale del provvedimento.

È indubbio che sarebbe stato essenziale promuovere un dialogo più aperto e coinvolgere la partecipazione pubblica. Gli stakeholder, inclusi cittadini, imprese e organizzazioni della società civile, avrebbero dovuto essere coinvolti nella formulazione e nell’implementazione delle politiche legate alla Zes Unica. Questo sì
che avrebbe contribuito a mitigare le preoccupazioni e ad abbassare il livello dell’ interlocuzione entrando nel merito del dibattito, ma la scelta organizzativa e operativa è andata in senso diverso.

Le Preoccupazioni di Federaziende

«La Zes unica è un ostacolo alle piccole e medie imprese salentine e del Sud». Non usa mezze misure Federaziende per dare voce alle perplessità sollevatesi negli ultimi mesi da parte delle organizzazioni datoriali di Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Campania in merito alla decisione del Governo di eliminare le 8 Zes originarie.

Federaziende ha voluto ribadire la sua contrarietà alla Zes Unica mettendo da parte le posizioni precontrattuali che potrebbero essere additate alla politica ed entrando invece nel merito tecnico delle questioni.

I 5 NO alla Zes Unica di Federaziende

«Diciamo ancora una volta no alla creazione di una sola zona economica speciale del Mezzogiorno, la più grande del mondo, poiché ricopre un’area in cui vivono quasi 20 milioni di persone. Un’ampiezza così elevata potrebbe cozzare con l’obiettivo primario delle Zes, che è quello di attrarre nuovi investimenti, soprattutto non locali, su aree specifiche ad alto valore aggiunto al fine di creare le condizioni per uno sviluppo veloce di quel territorio. Le otto Zes erano gestite a livello regionale e avevano implementato specifici sportelli unici per il rilascio delle autorizzazioni, che rappresentavano l’interfaccia unica con le imprese e con gli enti preposti. Il Pnrr aveva destinato 630 milioni a interventi infrastrutturali relativi proprio ad attrezzare le aree e connetterle con i principali assi di collegamento. Risorse adesso ‘congelate’ dal Governo Meloni».

Da un punto di vista tecnico una grave criticità è rappresentata dall’aumento dell’importo minimo (da 200 mila euro in su), per i progetti di investimento. Una limitazione che colpisce in particolar modo le piccole imprese che sono spesso motori vitali dei territori.

«Dare un tetto così alto ai progetti di investimento impedisce ai nostri associati di accedere agli incentivi che sono decisivi per la loro crescita e sostenibilità» ha commentato il presidente nazionale di Federaziende, Simona De Lumè.

La terza criticità per Federaziende riguarda l’accentramento nelle mani della Presidenza del Consiglio dei Ministri della cabina di regìa della Zes Unica, prevista dall’articolo 10, capo III, della legge 124/2023. «Una chiara scelta politica, che nasconde la volontà di centralizzare tutto e che lede il principio di sussidiarietà – aggiunge il segretario generale di Federaziende, Eleno Mazzotta –. Da Roma, poche persone dovrebbero fare l’istruttoria su centinaia di imprese che chiederanno di insediarsi al Sud. Rischiamo di perdere mesi e anni senza concludere nulla, come sta accadendo sui Fondi di sviluppo e coesione ancora bloccati per la nostra Regione e le imprese aderenti alla nostra Confederazione».

Il quarto problema risiede nella dotazione finanziaria. Per il primo anno di vita della Zes Unica, il Governo ha stanziato 1,8 miliardi di euro. «Il Commissario della Zes della Campania ha reso noti i dati della sua gestione, evidenziando che la sola Zona economica speciale campana ha prodotto 1,1 miliardi di credito d’imposta e complessivamente le 8 Zes hanno gestito più di 2 miliardi di credito d’imposta – continuano dall’organizzazione datoriale –. Risorse insufficienti, dunque, tenuto conto che con la Zes unica si ampliano le aree ricadenti in zona economica speciale di 500 volte. Ecco perché definiamo la Zes voluta dal ministro Fitto una scatola vuota, priva di copertura finanziaria, che lascia fuori le piccole e medie imprese. Ciò accade mentre il governo sta accentrando le politiche industriali del Mezzogiorno, sottraendole alle regioni e agli imprenditori del Nord si concede l’autonomia differenziata.

La presidente De Lumè, poi, snocciola un altro problema: «Le agevolazioni non si applicano ai soggetti che operano nei settori della banda larga, uno degli asset trainanti per lo sviluppo tecnologico e la competitività delle imprese. Come si fa a escludere investimenti cruciali per il progresso digitale del nostro Paese?».

Autonomia differenziata, Federaziende promette battaglia per il referendum abrogativo

Ovviamente non passa in secondo piano l’altra grande questione istituzionale che fa da sfondo a queste settimane di clima sociale e politico molto acceso, ovvero la cosiddetta autonomia differenziata.

«Qualora l’autonomia differenziata dovesse diventare legge dello Stato – concludono da Federaziende  – sosterremo l’auspicabile referendum abrogativo. Le PMI aderenti alla nostra Confederazione chiedono concretamente pari opportunità».



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