Tap, il Governo sembra non credere più al passo indietro dell’Italia. Ma il sindaco di Melendugno non ci sta

Dura presa di posizione del primo cittadino che con un post su facebook invita l’Esecutivo a studiare meglio il progetto. “Troveranno tanti errori progettuali. Altro che penali”

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Venti miliardi di penali. È questa la cifra esorbitante che l’Italia dovrebbe pagare se si tirasse fuori dal progetto Tap. Lo spauracchio è stato presto alzato ieri dal Governo gialloverde al sindaco di Melendugno che è stato ricevuto a Roma per avere risposte certe sul gasdotto e sulla ripresa dei lavori a San Foca attesa ad horas.

Insomma, quel “bloccheremo Tap nel giro di 15 giorni” più volte ripetuto in campagna elettorale dagli esponenti del Movimento Cinque Stelle, sembra essere un lontano ricordo, difficile se non impossibile da realizzare.

Le penali, evidentemente, ci sono e sfilarsi da un progetto così grande sembra essere quasi impossibile, al punto che anche il Ministro Barbara Lezzi, No Tap dalla prima ora, sembra avere alzato bandiera bianca, promettendo soltanto un controllo più attento della cartografia allegata al progetto per verificare eventuali scostamenti che potrebbero far saltare il tavolo.

A crederci ancora in maniera forte sulla possibilità che il gasdotto non approdi a San Foca è però il sindaco di Melendugno Marco Potì che è ancora convinto del fatto che siano tante le violazioni di legge in grado bloccare i lavori, non volontà politica, quindi (cosa che smonterebbe il grimaldello delle penali da pagare”, ma per responsabilità ed errori progettuali dei costruttori dell’opera.

“Ho chiesto al presidente Conte di garantire su Tap un clima politico nuovo, diverso da quello avuto dai governi precedenti. Ho chiesto loro di essere i cani da guardia dei cittadini, di stare col fiato sul collo di questa multinazionale, cercando di far emergere le (decine) di violazioni di legge di Tap. Non ci sarebbe così nessun bisogno di bloccare i lavori per volontà politica, ma Tap si bloccherebbe da sola, per propria responsabilità e propri errori progettuali e/o esecutivi. Senza il terrore di penali o risarcimenti”, ha affermato il primo cittadino.

Il sindaco è convinto che non siano stati fatti tutti gli approfondimenti necessari e che non si sia dedicato il giusto tempo per bloccare Tap.

Diversa sembra l’opinione del Governo che al momento non avrebbe visto alcun vizio procedurale nell’iter dei lavori e che teme la spada di Damocle di penali così esose da mandare in bancarotta il Paese visto il valore molto vicino a quello di una manovra finanziaria.

Marco Potì non demorde, ma al tempo stesso non nasconde la sua amarezza: “C’è il ministro dell’Ambiente Costa che cercherà in breve tempo e con il nostro ausilio, di ricercare altre motivazioni, forti e valide giuridicamente, di far emergere le violazioni e criticità di Tap. E poi c’è Conte che ha auspicato più e più volte l’intervento della magistratura inquirente, anche per essere facilitato come governo nell’azione di blocco del Tap. Su questo si basano le nostre speranze future. Sul rispetto della legge e della legalità. Ieri come oggi”.

Intanto serpeggia il malessere negli attivisti. Gianluca Maggiore, addirittura, invita tutti i deputati del territorio eletti nel M5S a dimettersi in caso di ripresa dei lavori: “Quello che è chiaro è che si sta giocando. I ministeri non hanno documenti, non sanno. Si è arrivati a parlare nuovamente di penali, ma non è stato mostrato nessun contratto con la firma di chi ha accettato queste penali.

Ci sarebbe da chiedersi chi si vuole coprire negando al pubblico questi documenti.

La battaglia continua, e continua pure la richiesta di dimissioni in blocco degli eletti nel Movimento 5 Stelle in caso ricomincino i lavori”.



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