Non si vince in campagna elettorale, si perde nei 5 anni precedenti

Dopo una buona comunicazione in campagna elettorale del sindaco uscente Carlo Salvemini arriva la sconfitta elettorale che evidentemente però era maturata già da tempo

Chi ritiene che la campagna elettorale serva a decidere le sorti delle votazioni sbaglia tutto e sbaglia alla grande. L’orientamento dei cittadini si definisce in anticipo rispetto alle Elezioni, molto in anticipo. Diciamo che già nei primi mesi di governo sia le scelte sia l’atteggiamento degli amministratori indica la direzione che prenderà il consenso democratico. Ecco perché non è alla fine dei 5 anni, ma durante i 5 anni, che maturano le nuove decisioni.

Il rapporto tra votante e votato è fiduciario. Il cittadino vuol dare il suo consenso a chi in quel momento sembra rispecchiare al meglio le proprie idee, i sentimenti di rivalsa, la speranza di un futuro migliore, speranze non necessariamente riferite al futuro della città.

Il voto è uno strumento di deterrenza sociale, serve a promuovere o a bocciare, viene brandito come una punizione che si abbatte su chi non ha corrisposto le nostre attese come avremmo voluto. Serve per annacquare bevande troppo dense o per dolcificare un caffè troppo amaro. Da qualunque parte lo si guardi il giudizio dell’elettore quasi mai è prudente, ma sempre iroso e debordante, e si abbatte su chi crede di avere la vittoria in tasca.

Il sindaco uscente Carlo Salvemini, acquisito il dato elettorale che decreta la vittoria della sua avversaria, e animato da una più che comprensibile frustrazione post elettorale, augura un sibillino imboccallupo ai 600 leccesi che hanno fatto la differenza, caricando sulle loro spalle il fardello di una decisione che le forze di centrosinistra considerano deleteria per la città. Ma a Salvemini, persona mite ed equilibrata, va ricordato che i cittadini elettori sono sempre quelli e una nutrita fetta di ‘elettori che fanno la differenza’ c’è stata anche 5 anni fa quando Carlo Salvemini con un significativo 50,9% si portò a casa la vittoria al primo turno. In quel caso un centrodestra diviso aveva già incartato la sconfitta che nessuno volle definire dannosa o pericolosa per Lecce e i leccesi. Il fair play almeno di facciata che si respira sui campi di calcio in politica è quasi sempre assente e la delusione prevale sulle relazioni personali, anche perché digerire un doppio turno con esito negativo non è davvero cosa semplice da accettare.
Come non sarà semplice per i supervotati delle liste salveminiane, basti pensare a quelli che hanno preso 1000 e più preferenze per andare a sedersi adesso sui banchi dell’opposizione, dove tira un’aria diversa, senza quel vento in poppa che piuttosto andrà a gonfiare nuove vele. Perché la democrazia a volte è matrigna, dà da mangiare ad alcuni e lascia a digiuno altri. È un’invenzione terribilmente scomoda.