Torre Veneri, valori di piombo e rame sotto la lente dell’esercito

Stando ai rilievi effettuati dal Nucleo specializzato NBC dell’esercito, i valori di piombo e rame del poligono di Frigole – a Torre Veneri – supererebbero il limite massimo oltre il doppio del dovuto

Una notizia che desta non poca preoccupazione, peraltro giunta durante la maxi esercitazione Nato a Torre Veneri con al lavoro circa 1.500 unità di personale. I valori di piombo e rame rilevati nel poligono di Frigole supererebbero oltre il doppio del dovuto il limite massimo consentito nelle aree industriali. In sostanza, i metalli pesanti infatti risultano pericolosi una volta fusi alle alte temperature, proprio come avviene con i proiettili penetranti che vengono usati da carri armati e cannoni leggeri. In quelle condizioni possono entrare nel ciclo vitale e produrre danni alla salute.

Tempo addietro il Comando della Scuola di Cavalleria – resosi conto del degrado ambientale e del rischio inquinamento connesso alle mancate o inadeguate bonifiche dell'area – avviò una procedura di verifica e campionamento all'interno del Poligono mediante il nucleo specializzato NBC dell'esercito. Gli esiti dello studio sono stati raffrontati con le tabelle delle soglie limite di concentrazione ammesse per i vari inquinanti, ovvero quelle relative alle aree industriali.
 
in alcuni casi i valori rilevati per piombo e rame superano addirittura del doppio la concentrazione massima ammessa per le aree industriali. Esempio: il valore limite del piombo pari a 100 nelle aree civili e a 1.000 in quelle industriali è stato rilevato fino a un massimo di 2.382 mg/kg. Il rame, con limite di concentrazione 600 nelle zone industriali arriva fino a 863,33 mg/kg.
 
Una situazione grave e circostanziata che non potrà non influire sul procedimento giudiziario tuttora in corso presso la Procura di Lecce e che vedrà in dicembre la decisiva udienza – scrive Gabriele Molendini di Lecce Bene Comune all’interno di una nota stampa pervenutaci in redazione – una situazione grave per la salute dei leccesi e per l'habitat di un sito di importanza comunitario tra i più preziosi e importanti per la sua unicità è come tale tutelato dalla Comunità Europea. Oggi tocca a noi di LBCconcludesvelare le carte tenute nel cassetto della giunta Perrone e sollecitare una più forte tutela da parte di tutte le autorità coinvolte”.
 
Esiste, inoltre, un dettaglio non di poco conto. Si tratta di aree, quelle del poligono, che a differenza delle zone industriali distano molto dagli abitati civili quali quello di Frigole o l’altro situato nei dintorni di ‘Villa Dario’(in direzione San Cataldo). “In realtà già lo sapevamo e nel febbraio scorso la Comunità di Frigole aveva chiesto un intervento di bonifica sui fondali marini e sul terreno – ha  dichiarato Ernesto Mola, Presidente del Comitato Unitario per lo Sviluppo di Frigole e del Litorale Leccese – perché i metalli pesanti rappresentano comunque una minaccia per la salute della popolazione”.
Lo stesso Comitato avanzò già una proposta concreta che chiede la permanenza del Poligono ma senza minacciare la salute della popolazione: bloccare le esercitazioni a fuoco dei mezzi pesanti ; consentire le esercitazioni a fuoco di armi leggere e in manovra dei mezzi pesanti; liberare il tratto di costa occupato dal poligono (che produce una frattura dei 21 Km di costa del litorale di Lecce e impedisce la fruizione dell’area protetta). “È possibile convivere con il Poligono militareconclude il signor Molama a patto che si rispetti la salute e il benessere della popolazione residente”.  

Chiudere il poligono di Torre Veneri (Lecce), o almeno sospendere le esercitazioni in corso, finchè non sarà fatta piena luce sulla reale sistuazione di degrado ambientale”. Lo chiede l’Associazione Vittime Uranio, attraverso il suo legale Bruno Ciarmoli.  “Finalmente, dopo anni di denunce – continua Ciarmoli – qualche briciolo di verità viene a galla. I dati sulla presenza di piombo e rame tenuti nascosti fino ad ora, e forniti dallo stesso Esercito (al tempo stesso controllore e controllato) sono allarmanti, e potrebbero rappresentare solo la punta dell’Iceberg, dal momento che non sappiamo se la strumentazione in dotazione a chi ha effettuato i rilievi fosse idonea a rilevare tracce di sostanze ben più dannose come torio e uranio impoverito, e se tali sostanze siano mai state cercate”.

 “Solo alla nostra associazione – ricorda Ciarmoli – risultano almeno 5 casi di militari malati di cancro dopo aver svolto servizio nel poligono e un morto, per la stessa patologia. Ma quanti hanno preferito non denunciare la loro condizione? E cosa sappiamo invece degli effetti sulla salute dei residenti della zona?”.