Uffici postali periferici, la chiusura che pesa sui cittadini

Sui casi di chiusura degli uffici più piccoli e che servono comunità meno popolose, interviene il parlamentare Pd Salvatore Capone, ‘Il Ministro Guidi salvaguardi gli Uffici più piccoli. La razionalizzazione non può tradursi in disservizio’.

La questione si sta trascinando da tempo e il problema della chiusura degli uffici periferici da parte Poste italiane sta pesando sui cittadini.

Come non ricordare la problematica vissuta dai cittadini di Frigole, per coloro che vivono la marina leccese anche d’inverno: l’unica soluzione per pagare anche solo un bollettino è quella di recarsi a Lecce.

Sulla questione interviene in queste ore l’onorevole del Pd, Salvatore Capone, riferendosi all’Ufficio postale della frazione San Simone a Sannicola o alla riduzione dell’orario nell’Ufficio di Santa Maria al Bagno. “Quello che sta accadendo nel nostro territorio, si sta ripetendo in numerosissime frazioni e piccole località italiane, e altri che nel tempo hanno subito o subiranno chiusure o riduzioni. Per queste ragioni l’interrogazione al Ministro dello Sviluppo Economico da me sottoscritta e che ha come firmatario l’onorevole Borghi del Pd, per comprendere quali azioni si vogliano intraprendere per garantire il rispetto di quanto stabilito dall’Autorità per il Garante delle Comunicazioni circa il divieto di chiusura degli uffici postali nelle aree svantaggiate, e favorire una concertazione tra la direzione di Poste Italiane Spa e le amministrazioni locali per scongiurare la possibile chiusura degli uffici postali nei comuni più piccoli del territorio nazionale. E per sapere come la Ministro Guidi intenda intervenire per evitare che decisioni unilaterali assunte da Poste Italiane Spa producano disagi ai cittadini – utenti che non vedono garantita l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, nel rispetto dell' accordo a suo tempo siglato fra le Poste Italiane Spa e lo Stato”.
 
E poi precisa Capone “Poste Italiane, è bene non dimenticarlo, è una società a capitale interamente pubblico operante in condizione di sostanziale monopolio e destinataria di significativi contributi da parte dello Stato nell’ambito della Legge di Stabilità proprio per garantire agli Uffici postali periferici l'erogazione dei servizi postali essenziali. Il che stride fortemente con il Piano di riorganizzazione previsto dall'azienda che, secondo fonti sindacali confermate dagli avvisi affissi, dovrebbe diventare effettivo dal 13 aprile nell’ambito del processo di privatizzazione già avviato con la previsione di chiusura a livello nazionale per 455 Uffici Postali e la riduzione degli orari di apertura in 608 uffici. Per evitare e impedire disagi alle popolazioni, l’Autority per la Comunicazione ha espressamente indicato con una delibera specifici divieti di chiusura per gli uffici operanti nelle zone remote del Paese ritenendo prevalente l’esigenza di garantire la fruizione del servizio nelle zone disagiate anche a fronte di volumi di traffico molto bassi e di alti costi di esercizio e comunque con la stessa delibera  obbliga Poste Italiane ad avviare con largo anticipo un confronto con le istituzioni locali sulla razionalizzazione dei servizi per limitare i disagi individuando soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale. Quello che sta accadendo è dunque palesemente in contrasto con quel che dovrebbe accadere e con la natura pubblica del servizio reso da Poste Italiane”.
 
In passato ci sono state anche altri interventi della politica, tesi a biasimare la tendenza ad assumere decisioni unilaterali da parte delle aziende, in una logica tutta a scapito delle esigenze dela collettività che poco sta a guardare l’ improduttività di uffici o la loro diseconomicità. Vero è che, a causa della congiuntura economica poco favorevole, è giusto razionalizzare i costi, ma questo non si deve tradurre in disservizio per i cittadini.
 



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