Bartolomucci non ha dubbi: «Questo sarà l’anno buono per la promozione del Lecce»

Il giornalista Mediaset ha voluto dire la sua su vari argomenti di stretta attualità. Il Lecce ed il proprio futuro, il girone in cui è¨ inserito e le prospettive di questa stagione. Il discorso è¨ anche caduto su Carlo Tavecchio e sul prossimo ct della Nazionale

Antonio Bartolomucci è giornalista dal 1976, professionista dal 1986, comincia nella carta stampata, scrive su Il Tempo, pagine regionali pugliesi, poi passa alla Gazzetta del Mezzogiorno, redazioni di Lecce, Brindisi e Bari, dal 1978 al 1981. Fonda Radio Salento nel 1976 e collabora con Tv cavo Lecce e successivamente Teleradio Salento. Passa nel 1984 al Corriere del Giorno di Taranto dove svolge il praticantato e diventa professionista, nel 1984 entra a Telenorba, redazione centrale di Conversano, si occupa di sport e inchieste. Dal 1989 è alla Fininvest. Caposervizio segue 5 mondiali di calcio, 5 campionati europei, dodici finali di Champions League. Lavora per Studio Sport e tutte le testate giornalistiche di Mediaset e segue in particolar modo l’Inter. Poi, decide di darsi alle inchieste e segue in particolar modo il calcio scommesse, per poi abbandonare completamente lo sport ed occuparsi di cronaca.

Nato a Lecce il 30 ottobre 1953 ama la sua città e in genere il sud, si definisce "terrone doc" e spera di rientrare nel Salento quanto prima. Proprio per questo gli abbiamo chiesto di parlare del Lecce e, prima di tutto un’opinione sul nuovo Lecce che si è formato e si appresta a vivere la sua terza stagione consecutiva in Lega Pro: “L’impressione è che rispetto al passato si sia deciso di puntare sull’esperienza, soprattutto in fase offensiva. Conosco molto bene i giocatori che compongono la squadra dalla cintola in su e un po’ meno quelli della difesa, ma questa è una mia lacuna. Dopo la partita di Foligno, anche se non vorrei peccare di eccessivo entusiasmo, mi sembra che sia una squadra che abbia tutte le carte in regola per salire in Serie B. A me piace tanto Alessandro Carrozza che seguo da tanto tempo ed ha tanta qualità e poi c’è Moscardelli che può rappresentare l’asso nella manica di questa squadra, l’uomo in più. Dalla cintola in su è una squadra fortissima ed io da leccese me lo auguro di cuore che questo sia l’anno buono”.

Su Miccoli dice: “Penso che Fabrizio debba dosarsi per riuscire a dare il meglio perché il fisico non è più quello di una volta. Il fatto che giochi nella sua terra, e sia sceso in Lega Pro pur di farlo, gli fa onore e cancella qualche scivolone del passato. Io gli voglio bene perché ho cercato di seguirlo passo passo, anche quando era a Lisbona e perché abbiamo il Salento che ci accomuna e per tanti anni siamo stati leccesi fuori sede che amavano la propria terra”.

Un’impressione sul girone meridionale che complica un po’ la vita ai giallorossi: “Sono contento del girone meridionale al di là delle insidie e dei campi difficili, penso che sarà lo spettacolo ad avvantaggiarsi. Penso anche che questa volta il Lecce abbia le chiavi ben salde in mano per tornare in Serie B e questa volta non si può sbagliare. Molto dipenderà da Lerda che è in debito con la fortuna ed ha qualcosa da farsi perdonare. Io penso che dopo la sfortuna e le vicissitudini degli ultimi due anni, è proprio lui l’uomo destinato a fare questo passo ed alla fine merita di farlo. Io sono sicuro che questo sia l’anno giusto ed il Lecce deve essere la squadra più forte e deve acquisire la maturità che ha la curva, orgogliosa e passionale. I tifosi trasmettono la voglia alla squadra che, però dal canto suo, deve essere ricettiva da questo punto dio vista”.

Sull’elezione di Carlo Tavecchio a capo della Federazione Italiana Giuoco Calcio ha le idee chiare: “Il calcio e business e soldi da distribuire. Io non sono tra quelli che pensano che Tavecchio sia uno sprovveduto e né che possa essere il rinnovamento. Scegliere Tavecchio per il nuovo corso equivale a considerare la percentuale dei votanti e basarsi su quello. Tavecchio era una scelta di pochi e poi le altre società di A e di B hanno capito che era meglio entrare nella maggioranza per non essere tagliati fuori dalla redistribuzione economica. Ora, ci ritroviamo con i datori di lavori (presidenti, dirigenti di federazione) che hanno in mano il calcio e i lavoratori (calciatori, allenatori) dall’altro lato e questa disparità può dare i frutti sbagliati. Secondo me Tavecchio è la pedina di qualcuno, di un movimento che non vuole cambiare e non ha nessuna intenzione di cambiare. Si parla del modello tedesco, ma l’Italia non è la Germania e non lo sarà mai. Quello che mi spaventa è che hanno vinto le ragioni economiche e l’industria calcio che è la terza più importante d’Italia”.

Sul prossimo allenatore della Nazionale di calcio italiana dice: “A me piacerebbe Antonio Conte. Persona che stimo, intenditore e conoscitore di calcio, ma lui è un programmatore ed ha fatto troppa esperienza per accettare un incarico del genere e non parlo di una questione economica. Prendere in mano la nazionale significa prendere una situazione con troppi punti interrogativi e lui è troppo intelligente per accettare una situazione così scomoda in cui si viene comandati a bacchetta dalle società e dalle squadre di club. Non credo neanche a Mancini, ma penso ad un uomo come Zaccheroni, o Guidolin. Ci potrebbe anche essere una sorpresa e potrebbe tornare qualcuno che c’è già stato, ma non illudiamoci che i problemi verranno risolti con un uomo. Bisogna ripartire dai settori giovanili, ma con la cura adatta e andando a puntare su vivai, oratori e campi di provincia. In Italia mancano soldi e fantasia nel calcio. I soldi non ci sono e non si possono trovare , la fantasia non ci è mai mancata e bisogna ritrovarla. Pensando ad uno come Zeman che da noi (a Lecce) ha lasciato davvero un ottimo ricordo”.



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