
Otranto, il salotto chic della costa adriatica, lì dove è possibile vedere la prima alba grazie al suo essere ‘orientale’, incanta sempre chi la ammira per la priva volta e chi ci ritorna sapendo di trovare storia, mare, cibo e divertimento custoditi in uno scrigno prezioso grande pochi chilometri. Dalla sabbia bianca della Baia dei Turchi ai gioielli d’arte come il Castello aragonese, dalle case bianche che si affacciano sul mare ai suoi vicoli che parlano di un passato rimasto indelebile e che è possibile ritrovare nei coloratissimi prodotti locali e rigorosamente artigianali esposti in bella vista.
Ma Otranto, crocevia di culture e intreccio di etnie impresse per sempre nei suoi monumenti e nella sua storia, è nota anche per essere la città dei Martiri. In 800 furono uccisi dai Turchi guidati da Gedik Ahmet Pascià agli ordini di Maometto II detto Fatih, il Conquistatore, solo per aver rifiutato la conversione all’Islam dopo la caduta della loro città, solo per essersi rifiutati di rinnegare la fede.
Era il 14 agosto 1480 quando gli ottocento furono legati mani e piedi e condotti sul Colle della Minerva, poche centinaia di metri fuori dalla città lungo la strada che porta alla Palascia e lì trucidati uno ad uno. Antonio Primaldo, sarto di professione, è l’unico ‘eroe’ del quale è stato tramandato il nome.
Gli altri suoi compagni di martirio sono ignoti pescatori, artigiani, pastori e agricoltori di una piccola città, il cui sangue, cinque secoli fa, è stato sparso solo perché cristiani.
La storia dei martiri di Otranto
Gli idruntini, che avevano intuito subito il pericolo, sapevano di non poter contare su un solido sistema di difesa. Otranto, protetta da mura bizantine risalenti al X secolo, era debole e i turchi capitanati da Gedik Ahmet Pascià – salpati il 28 luglio del 1480 dove oggi c’è la bellissima baia forse a causa del vento di tramontana –lo sapevano. Non solo, mancava anche un esercito addestrato e preparato che potesse contrastare i 18mila uomini del crudele Gedik.
Il comandante Francesco Zurlo guidava un gruppo di soldati con pochi ‘professionisti’ e tanti contadini, pescatori e abitanti che cercarono di salvarsi in tutti i modi. E questo Pascià non lo aveva previsto. La città scelse di combattere con orgoglio e tenacia, per settimane. È l’alba del 12 agosto 1480, quando riuscirono ad entrare in città, massacrando chiunque gli capitava a tiro. Poche ore dopo, Gedik Ahmet Pascià riuscì a raggiungere la Cattedrale dove in molti, soprattutto donne e bambini, si erano rifugiati. Era intenzionato a fare della casa di Dio la stalla per i suoi cavalli.
Abbattuta la porta, entrano nel tempio, dove trovarono l’arcivescovo con il Crocifisso in mano. Gli intimano di non nominare Cristo e di far convertire il popolo all’Islam per aver salva la vita, ma il vescovo rispose esortando gli assalitori alla conversione e gli fu tagliato il capo con una scimitarra. Fu poi il turno del sarto Antonio Pezzulla, detto Il Primaldo, che incitò tutti incitò a rivolgersi a Dio in punto di morte. A quel punto con 813 concittadini fu portato sul Colle della Minerva.
Il 14 agosto furono decapitati, uno dopo l’altro. Secondo la leggenda, il corpo del sarto Primaldo, senza testa, restò in piedi, duro e inamovibile come una colonna ben piantata nel terreno, finché non cadde insieme all’ultima testa dei suoi compaesani. Le cronache del tempo raccontano anche di Berlabei, uno dei boia turchi che, impressionato dal coraggio e dall’attaccamento alla fede degli otrantini, decise di abbracciare il cristianesimo. Anche lui finì per perdere la vita e il suo corpo fu impalato come monito per gli altri soldati.
Ci sono voluti tre papi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, e Francesco per dare compimento al corso della storia. Il 12 maggio 2013, tutto è compiuto, dopo un lungo e faticoso percorso. Otranto ha avuto i suoi Santi.