Morte di un bracciante sudanese in un campo di pomodori, il processo si svolgerà davanti alla Corte di Assise?

Il giudice monocratico ha chiesto alla Procura di valutare altre ipotesi di reato. Dunque, il pm potrebbe contestare la riduzione in schiavitù.

Il giudice solleva dubbi sulla “competenza” del Tribunale monocratico e chiede di valutare altre accuse per la morte di un bracciante sudanese.

In mattinata, si è svolta l’udienza dinanzi alla dr.ssa Francesca Mariano che ha “sollecitato” la Procura a prendere in considerazione altre ipotesi di reato. Dunque, il pm Paola Guglielmi potrebbe ora modificare il capo d’imputazione e contestare la riduzione in schiavitù. In quel caso, trattandosi di un reato più grave, il processo si celebrerebbe dinanzi ai giudici della Corte di Assise. L’udienza è stata aggiornata al prossimo 17 giugno, quando prenderà la parola il pubblico ministero.

Ricordiamo, che dopo l’udienza preliminare, due imputati sono finiti sotto processo con le accuse di caporalato (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) e omicidio colposo per la morte di Mohammed Abdullah, 47enne, lavoratore stagionale originario del Sudan.

Il gup Giovanni Gallo aveva rinviato a giudizio: Giuseppe Mariano, 80 anni, di Porto Cesareo, marito della titolare dell’azienda agricola e Mohamed Elsalih, 39enne originario del Sudan, che avrebbe svolto il ruolo di mediatore per gli arrivi in Salento dei braccianti.

Gli imputati sono assistiti rispettivamente dagli avvocati Antonio Romano e Ivana Quarta (sostituita oggi in udienza dall’avvocato Giuseppe Sessa).

Inoltre, si sono costituiti parte civile, per la moglie e i figli della vittima, la Cigl ed il Cidu (Centro Internazionale Diritti Umani). Sono assistiti dagli avvocati Cinzia Vaglio, Viola Messa, Paolo D’Amico e Cosimo Castrignanò. Non solo, anche le aziende Mutti e Conserve Italia (collegata alla Cirio), difese dai legali Anna Grazia Maraschio e Vincenzo Muscatiello.

Le indagini

Mohammed Abdullah è morto d’infarto, dopo un malore, intorno alle 14.00 del 20 luglio 2015, nelle campagne tra Nardò e Avetrana, orario in cui la colonnina di mercurio segnava una temperatura prossima ai 40 gradi.

Quando i sanitari del 118 sono arrivati sul luogo, il cittadino sudanese era già deceduto.

Gli accertamenti investigativi, coordinati dal sostituto procuratore Paola Guglielmi, sono stati condotti dai carabinieri del Ros e dagli ispettori dello Spesal.

I militari hanno cercato di ricostruire anche la cosiddetta “filiera”. I pomodori erano destinati ad importanti imprenditori attivi nell’industria conserviera, sia in Puglia che in altre Regioni italiane. Al termine degli accertamenti, occorre sottolineare, non sarebbe però emersa da parte di questi imprenditori, alcuna consapevolezza delle condizioni di lavoro disumane dei braccianti agricoli, impegnati nella raccolta dei pomodori.



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