Rigettata la nuova istanza di scarcerazione per il 49enne di Collepasso accusato dell’omicidio del padre, morto carbonizzato nel bagno di casa.
In mattinata, dinanzi ai giudici della Corte di Assise (Presidente Stefano Sernia, a latere Francesca Mariano e giudici popolari), ha preso la parola il medico legale Francesca Donno, che era stata incaricata di una nuova perizia, per verificare se ci fossero le condizioni per concedere i domiciliari all’imputato per motivi di salute. I giudici, al termine dell’udienza camerale alla presenza del sostituto procuratore Luigi Mastroniani, hanno respinto la richiesta della difesa.
I legali di Vittorio Leo, nei giorni scorsi, avevano chiesto la revoca della misura carceraria per motivi di salute. Gli avvocati Francesca Conte e Simone Potente, ritengono che il 49enne debba curare la talassemia major da cui è affetto, con idonea terapia domiciliare, anche in considerazione dei rischi legati alla pandemia da coronavirus, nel caso di permanenza in carcere.
Si tratta della seconda istanza presentata dalla difesa dinanzi ai giudici della Corte di Assise. La precedente richiesta è stata già rigettata nelle settimane scorse. Anche se è stata concessa a Vittorio Leo, la possibilità di ricorrere in caso di bisogno alle trasfusioni per curare la talassemia, anche in un centro medico fuori dal carcere, accompagnato dalle guardie penitenziarie.
Il medico legale Roberto Vaglio nella relazione affermava che “le condizioni di salute non sono particolarmente gravi e compatibili con il regime di detenzione in carcere”. Conclusioni, a cui è giunta anche il medico legale Francesca Donno, incaricata di una seconda perizia.
Il processo
Vittorio Leo, 49enne di Collepasso è finito sotto processo, con l’accusa di omicidio preterintenzionale, al termine dell’udienza preliminare.
Ricordiamo che il sostituto procuratore Luigi Mastroniani, dopo l’avviso di conclusione delle indagini, aveva riqualificato l’accusa di omicidio volontario in preterintenzionale, sostenendo che l’agente immobiliare non aveva programmato l’omicidio e non aveva intenzione di uccidere il padre
Inoltre, nei mesi scorsi, dinanzi al gip Giovanni Gallo, si è svolto l’incidente probatorio e il consulente tecnico, ha ritenuto Vittorio Leo in grado d’intendere e di volere quando il padre prese fuoco e morì carbonizzato poco dopo. Il gip nell’ordinanza ha inoltre sostenuto di non condividere la riqualificazione del reato da omicidio volontario in preterintenzionale, poiché Vittorio Leo avrebbe deliberatamente gettato dell’alcol addosso al padre, dando fuoco allo stesso, al fine di cagionarne la morte.
I fatti
Il 29 maggio del 2019, Antonio Leo, 89enne insegnante in pensione, venne trovato senza vita nella sua abitazione di Collepasso, dove viveva da solo. Il cadavere era in bagno, carbonizzato dalle fiamme. È stato il figlio a chiedere aiuto agli uomini in divisa. Il 49enne – titolare di una agenzia immobiliare – viveva in un appartamento vicino a quello dell’anziano padre, nello stesso stabile.
Sospettato fin da subito di essere l’autore del gesto, Vittorio Leo è poi finito in manette e condotto in carcere dai carabinieri del Norm di Casarano, coadiuvati dai colleghi della stazione di Collepasso. Durante l’interrogatorio in caserma e dinanzi al pm, Vittorio Leo ha sostenuto che non era sua intenzione uccidere il padre e che non lo soccorse poiché paralizzato dalla paura. Anzi, si stese sul divano e poi si cucinò un piatto di pasta al ragù. Dopo pranzo, ripulì la cucina e lavò il pavimento.