C’è chi, nonostante il fallimento del referendum dello scorso 17 aprile, non si arrende all’idea che il proprio mare sia trasformato in un enorme giacimento di estrazione di petrolio a uso e consumo di compagnie energetiche e delle rispettive trivelle.
È il caso di tredici comuni del Salento che, il prossimo 28 ottobre, vedranno i loro sindaci riunirsi a Lecce presso la sala giunta di Palazzo Adorno per discutere in merito al programma di prospezione di idrocarburi liquidi e gassosi nel Golfo di Taranto che, presentato dalla Schlumberger Spa, ha recentemente ottenuto il riconoscimento di compatibilità ambientale da parte del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio.
L’incontro, voluto dal Presidente della Provincia salentina, Antonio Gabellone, coinvolgerà i primi cittadini di Galatone, Ugento, Racale, Sannicola, Castrignano del Capo, Taviano, Porto Cesareo, Morciano di Leuca, Patù, Gallipoli, Alliste, Salve e Nardò, cui spetterà valutare tutto il da farsi al fine di salvaguardare il territorio e la sua costa dai possibili rischi derivanti dalla ricerca di combustibili subacquei con l’utilizzo della tecnica degli air-gun.
La Schlumberger Italiana, infatti, prevede la realizzazione di un’indagine geofisica 3D su larga scala nell’ambito di una superficie di circa 4000 kmq distribuita a largo delle coste ioniche pugliesi, lucane e calabre, progetto che ha già visto la Regione Puglia esprimersi negativamente il 20 febbraio di due anni fa e la Regione Basilicata fare altrettanto il 17 marzo del 2016.
Toccherà, dunque, agli enti locali, stavolta, il compito di gestire questa bomba a orologeria che, mesi orsono, avrebbero tranquillamente potuto disinnescare i cittadini se solo si fossero premurati di adempiere al loro diritto/dovere di recarsi alle urne.
di Luca Nigro