«Abbattere il Regina Pacis»: la battaglia dello Sportello dei Diritti

Lo Sportello dei Diritti, presieduto da Giovanni D’Agata, ricorda la battaglia portata avanti da anni per l’abbattimento del Regina Pacis, la struttura di accoglienza per gli immigrati che affaccia sul mare di San Foca

"Correva l'aprile 2010 quando lo Sportello dei Diritti, con una pubblica denuncia chiedeva di ordinare la demolizione di quell'ecomostro noto a tutti con il sacro nome di "Regina Pacis" a San Foca, marina di Melendugno a Lecce, perchè da decenni vera e propria “saracinesca” sul mare, ma anche per la sua storia tragica di Centro di Permanenza Temporanea per migranti ed ormai in stato di completo abbandono e decadenza".

Con queste parole, Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti" ricorda la battaglia portata avanti da anni per l'abbattimento dell'"ecomostro" di San Foca, ma soprattutto della ferma opposizione che lo Sportello prese nei confronti della decisione di sostituire il Regina Pacis con un hotel a 5 stelle.

"A distanza di due anni – prosegue D'Agata – e per la precisione nel luglio 2012, prendemmo posizione contro un'iniziativa imprenditoriale che avrebbe voluto trasformare quel “lager” in rovina, in albergo di lusso a 5 stelle, 214 posti letto in 50 camere più residenze turistiche, più piscina che lambisce la recinzione, più seminterrato, perché ritenevamo che la scelta rappresentasse un'offesa che umiliava una memoria storica, quasi a voler dimenticare con un "colpo di cemento" i più i gravi errori del passato, come quello di aver consentito l’esistenza e la permanenza sul proprio territorio di una sorta di "campo di concentramento" per migranti, colpevoli solo di essere in uno stato di clandestinità.

Sono passati altri due anni ed al di là degli annunci, delle promesse d'investimenti, delle proposte, quel "mostro" di cemento è ancora lì, in una condizione di completo e totale abbandono.

"Ma – conclude – noi non abbiamo dimenticato, e facendo seguito alle sollecitazioni di tanti cittadini ribadiamo, alla luce delle condizioni pessime in cui giace la struttura, fatiscente e pericolosa, come le fotografie che inoltriamo dimostrano, l'unica via maestra in casi come questi non può che essere il definitivo abbattimento. Troppe ragioni, infatti, tra cui un passato nefasto, ci spingono a ribadire l'accorato appello che rivolgemmo due anni or sono alla curia arcivescovile di Lecce nella persona di Sua Eccellenza Monsignor D’Ambrosio, dell’amministrazione comunale di Melendugno, in quella del sindaco Marco Potì, e alla famiglia Semeraro affinché, diano corso a questo giusto proposito".