Il mistero della morte di Luigi Tenco è chiuso nella camera numero 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo, dove il suo corpo senza vita fu trovato dalla cantante Dalida, con cui aveva condiviso il palco del Festival poco prima di mezzanotte con «Ciao, amore ciao», una canzone che non aveva convinto, ma che conquisterà il pubblico quando sarà ormai troppo tardi. Secondo un’altra ricostruzione di quella notte del 27 gennaio fu Lucio Dalla, che dormiva nella stanza accanto, a chiedere aiuto. Convinto che l’amico avesse avuto un malore, cercò un medico. L’orologio aveva da poco segnato le 2:10.
Per capire come si sia arrivati a quel colpo di pistola alla tempia, tocca fare un passo indietro. Tenco, che puntava alla vittoria con un brano impreziosito dalla cantante francese, sotto i riflettori non brillò. Cantò male, andò fuori tempo, aveva bevuto e all’alcol aggiunse il Pronox, un tranquillante della classe dei barbiturici. Quella esibizione sarà la chiave di tutto.
Cosa accadde dopo è un’ombra su cui nessuno ha mai fatto luce. Resta e resterà per sempre un mistero.
La tesi del suicidio evidente
La tesi del suicidio, mai smentita, lascia aperte tante porte che hanno alimentato ricostruzioni più o meno fantasiose. Ufficialmente il cantautore si sarebbe tolto la vita come segno di protesta. Lo avrebbe anche scritto, nero su bianco, in un biglietto di addito, un saluto alla vita, ritrovato in camera.
«Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io te e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao Luigi», si legge.
Stanco, arrabbiato, Tenco decise di farla finita. Si sparò. Un colpo che nessuno ha mai sentito. “Tenco è morto per un colpo di pistola alla testa ed è evidente”, scrive il commissario Molinari nella sua relazione.
Cosa non torna di quella notte
Sono tante le cose che non tornano di quella notte. Il biglietto d’addio, le tracce di quello che si credeva fosse un secondo proiettile ritrovate nello stipite della porta, il bossolo a terra, vicino a quell’uomo giovane, bello e tenebroso che non aveva motivi per farla finita. E ancora le indagini furono frettolose, approssimative e pasticciate, non ci fu nessuna autopsia, niente “guanto di paraffina” perché «lo spettacolo doveva proseguire».
Senza contare che il corpo del cantautore è stato trasferito all’obitorio e poi rimesso al suo posto, nella stanza della dépendance perché gli investigatori si sono dimenticati di “fare effettuare i rilievi fotografici essenziali per la completezza del fascicolo da trasmettere alla Procura”. Insomma, nessuna fotografia era stata scattata alla scena del crimine. Particolare non di poco conto che non ha permesso di capire quale fosse la posizione esatta del cadavere di Tenco, tanto che sono state fatte ben sette descrizioni diverse. E la posizione della pistola? Altro balletto di versioni.
Comunque sia andata, il mondo della musica (e non solo) ha perso un artista che aveva ancora molto da dire. E da cantare.