Caso Marò. Cosa accadrà a Latorre e Girone il 15 luglio?

Quale sorte toccherà vivere Massimiliano Latorre il giorno in cui scadrà il permesso concesso dalla Corte Suprema Indiana per curarsi in Italia? E a Salvatore Girone rimasto in India? Domande lecite alla luce della scelta di Roma di attivare l’arbitrato internazionale.

C’è un piccolo, piccolissimo, “dettaglio” che nella vicenda dei due marò italiani sembra essere sfuggito ai più. Che cosa accadrà, infatti, il 15 luglio giorno in cui scadrà il permesso concesso a Massimiliano Latorre dalla Corte Suprema Indiana per curarsi in Italia, a casa, stretto nell’abbraccio della sua famiglia? Una domanda più complessa di quanto possa sembrare ad una prima lettura, soprattutto alla luce degli ultimi risvolti sul caso dei due fucilieri del battaglione San Marco.

Già, perché dopo averlo annunciato in pompa magna più e più volte, l’Italia pare abbia finalmente deciso di fare la voce grossa chiedendo l’attivazione dell’arbitrato internazionale nel quadro della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Insomma, come scritto sullo stesso comunicato diffuso dal Ministero degli Esteri, di fronte all’impossibilità di trovare un punto di incontro, una soluzione condivisa con l’India che metta fine all’incubo vissuto dai due marò italiani, il Governo ha deciso di intraprendere una strada diversa. Di più, «chiederà immediatamente l'applicazione di misure che consentano la permanenza di Latorre in Italia e il rientro in patria di Girone nelle more dell'iter della procedura arbitrale». 

Bene, benissimo, ma il problema restano i tempi, lunghi anche in questo caso come se non bastassero da soli i ‘continui rinvii’.  La speranza è che – come una sorta di reazione a catena – non si attivino altre dinamiche che renderebbero ancor più complessa una situazione che si protrae ormai dal 15 febbraio 2012. Da quando furono arrestati, i due fucilieri italiani si sono sempre proclamati innocenti dichiarando di aver sparato in aria solo dei colpi di avvertimento. Ma nell’incidente tra la petroliera Enrica Lexie e il peschereccio Sant’Anthony morirono due pescatori del posto. Nessuno è riuscito a ricostruire cosa accadde realmente quel giorno al largo del Kerala. Nemmeno il capo di accusa è stato mai formulato senza contare che si discute ancora se sia possibile  in un incidente di questo tipo avvenuto a oltre 20 miglia nautiche dalla costa in acque internazionali anche se vicino a quelle indiane, applicare o meno il diritto penale di Nuova Delhi.

Una volta innescato il meccanismo è difficile tornare indietro. Tutto può succedere a questo punto, persino che l’India scelga di ‘non piegarsi’.



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