Contagi al Vito Fazzi, il sindacato chiede il trasferimento del Pronto Soccorso al Dea

Il segretario provinciale della Fp-Cgil Lecce, Floriano Polimeno, chiede maggiore attenzione alla Asl ed alla Regione Puglia

Ci sono anche degli operatori sanitari tra i contagi contati nel bollettino epidemiologico della regione che, ogni giorno, traccia un bilancio dell’andamento della pandemia nella Regione. Dopo il caso di una infermiera del Pronto Soccorso risultata positiva al Covid dopo aver preso in carico, durante il turno di notte, alcuni pazienti “sospetti”, altri due colleghi hanno avuto lo stesso risultato al tampone di controllo. Una situazione che, da un lato, ha costretto il PS a rallentare il ritmo, per permettere le operazioni di sanificazione dei locali e dall’altro ha spinto la Fp-Cgil Lecce a chiedere il trasferimento del Pronto Soccorso al Dea.

Per il sindacato, infatti, il “Fazzi” rischia di essere impreparato alla quarta ondata o all’aumento dei contagi, spinto dalla variante omicron più contagiosa (ma non più aggressiva) della Delta. Come si legge in una nota a firma del segretario provinciale, Floriano Polimeno, in cui si chiede maggiore attenzione alla Asl ed alla Regione Puglia, è impossibile sapere quando l’infermiera e i suoi colleghi abbiano realmente contratto il virus, ma molti lavoratori puntano il dito sulle condizioni in cui sono costretti ad operare. Da qui l’urgenza di inaugurare, ufficialmente, il Dipartimento emergenza accettazione dell’ospedale (Dea) “Fazzi” di Lecce.

«Non riusciamo a comprendere i motivi alla base del ritardo nell’inaugurazione effettiva della nuova struttura. Eppure è arcinoto come l’attuale sede del Pronto Soccorso sia inadeguata, perché non garantisce dal punto di vista logistico percorsi garantiti per i casi di Covid», si legge.

Il percorso unificato presenta diversi problemi, specie per la presenza nei corridoi, anche per diversi giorni, di lettighe che ospitano pazienti positivi. Non solo, sembra sia difficile anche controllare l’accesso dei parenti nella struttura. «La preoccupazione degli operatori – spiega Polimeno – è di lavorare in un ambiente a rischio contagio, per loro e per i pazienti. Purtroppo oltre al Covid devono combattere anche contro burocrazia e logistica».

La carenza di personale

C’è poi la carenza di personale. «La quarta ondata impone di prendere decisioni che sono a portata di mano: potenziamento dell’organico, una nuova struttura, una nuova organizzazione della presa in carico dei pazienti positivi al Covid. E soprattutto occorre un monitoraggio serio ed approfondito degli operatori venuti in contatto con pazienti e colleghi positivi. Il virus ha un periodo di incubazione molto variabile: rimettere al lavoro un operatore risultato negativo al primo tampone sarebbe troppo rischioso. Adeguare il Pronto soccorso garantirebbe di sicuro un minor rischio di contagio nel resto della struttura ospedaliera. Invece spesso assistiamo a contagi evitabilissimi, negli ambulatori e nei reparti verso i quali vengono dirottati i pazienti del pronto soccorso».



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