“La raccomandazione resta sempre la stessa: evitiamo di dare gambe al virus. Usciamo solo se davvero strettamente necessario e continuiamo a ricostruire la catena del contagio per rintracciare eventuali focolai”. Il Prof. Pierluigi Lopalco lo ribadisce ancora una volte, ospite di una diretta Facebook del sindaco di Lecce Carlo Salvemini che, nel frattempo decreta la nuova chiusura del cimitero comunale per via della troppa affluenza.
Dopo una settimana di via della nuova fase dell’emergenza, il Covid19 pare aver perso lo smalto, ma è sempre lì. In agguato. Su questo aspetto il coordinatore della task force pugliese torna più e più volte e traccia il suo primo bilancio sulla Fase 2.
“Oggi siamo in una situazione che il 9 marzo ci auguravamo – esordisce. In questi due mesi di emergenza sanitaria abbiamo visto come si sono sviluppate le nostre previsioni. Noi abbiamo lavorato prefigurandoci il peggiore scenario possibile, arrivando cioè ad una situazione simile alla Lombardia. La nostra curva, però, ha avuto un andamento decisamente più tranquillo: una tranquillità che ci siamo guadagnati, con una vittoria importante, quella di nemmeno un giorno in cui gli ospedali sono stati saturi. Questo è un grande successo.
Questa situazione, però, non ci deve far allentare la guardia: anzi, ora dobbiamo lavorare sul rafforzare ulteriormente del nostro sistema di cura e prevenzione perché, inutile nascondercelo, ci aspettiamo un nuovo aumento del contagio”.
In questa settimana, infatti, la Puglia ha visto per la prima volta un deciso calo di attuali positivi, una impennata di guarigioni e, al contempo, un andamento sempre più lento di nuovi casi riscontrati.
“L’epidemia si sta spegnendo – dice l’epidemiologo – e i focolai sono tutti sotto controllo e i nuovi casi registrati sono quasi tutti asintomatici: questo è decisamente un lato positivo perché significa che l’attività sul territorio sta funzionando. I pugliesi, soprattutto i salentini, hanno conosciuto poco questo virus.
L’altra faccia della medaglia, però, è rappresentata dalla preoccupazione dalla ripresa degli spostamenti. Per motivi più che legittimi tutti ci stiamo spostando, ma non dimentichiamo che la situazione epidemiologica oggi è identica a quella del 9 marzo. Con la differenza che siamo ora più preparati, sappiamo meglio cosa fare, perché il virus circola e continua a contagiare.
“Il tema non è solo la distanza fisica”
Io credo che anche la comunicazione in questa settimana sia stata sbagliata. Mi spiego: si è insistito molto sulla distanza fisica. Questo è certamente importante, ma non possiamo ignorare che con molta gente per strada la distanza fisica va a farsi benedire. Qui in Salento c’è una altissima densità di popolazione: se tutti decidessero di uscire per una passeggiata, non esisterebbe alcuna distanza fisica che possa reggere. Il rischio di contagio è uguale a due mesi fa: il virus non se ne frega niente di alcun DPCM.
La raccomandazione, quindi, resta sempre quella: dobbiamo cercare di stare a casa non per obbligo, ma per volontà. Usciamo solo se strettamente necessario. La passeggiata in via Trinchese non è necessaria”.
Un altro tema scottante e al centro di alcune perplessità è quello legato al sistema di tamponamento. Per alcuni servirebbe testare quanta più popolazione possibile, per altri il tampone è solo una fotografia momentanea, che offre poche indicazioni operative. Di certo c’è un protocollo stilato dall’Istituto Sanitario della Sanità e i numeri: in Puglia fino a ieri sono stati processati 76.643 tamponi, riscontrando 4.286 casi (il 5,6%).
“Il modello seguito è quello indicato dall’ISS – spiega Lopalco. Non tamponi a tutti, ma tamponi a chi potrebbe aver avuto contatti con i possibili positivi, ricostruendo la possibile catena del contagio. Si dice molto che il modello da seguire è quello della Regione Veneto, ma in realtà il protocollo è sempre lo stesso.
La differenza sostanziale non sta nel numero di tamponi eseguiti, ma nel rapporto tra contagiato e contatti da individuare. E qui i numeri sono pressoché uguali: per ogni paziente positivo si eseguono in media 18-20 tamponi tra i suoi contatti, con la differenza che in Puglia abbiamo avuto poco più di 4mila casi, in Veneto 18mila. E’ chiaro che i numeri assoluti sono diversi, ma il rapporto è uguale.
“Rafforzeremo il sistema di tamponamento”
La strategia non è quella di mettersi in fila e farsi fare il tampone, a casaccio; ma è quella di rintracciare la catena del contagio. Ora, con la Fase 2, cambierà qualcosa perché muterà il nostro stile di vita: andremo a fare tamponi capillari a chi entra in ospedale, a chi si sottopone ad una visita medica, ma mai a casaccio.
Test sierologici? In questo momento servono a poco: avere gli anticorpi non significa avere una patente di immunità. Ma questa informazione non significa nulla, non significa essere protetti o, addirittura, potrebbe significare, anzi, essere addirittura portatori del virus. La curiosità sull’avere o meno la malattia è legittima, ma non è logica dal punto di vista sanitario.
L’obiettivo della Regione è quella di ampliare la nostra capacità di rintracciare e di tamponare la gente: la capacità di fare tamponi oggi non sarà sufficiente in autunno. Le USCA? Attivarle non è facile soprattutto dal punto di vista del reclutamento del personale.
L’app di tracciamento? Stenta a partire per motivi di privacy, ma quando cerchiamo su Google un ristorante, oppure giochiamo online, ce ne freghiamo della privacy. Se Immuni partirà con troppe limitazioni sarà inutile”.
E poi le mascherine: “con la ripresa degli spostamenti l’utilizzo di DPI è fondamentale. Indossare tutti la mascherina riduce notevolmente il rischio di contagiare e di essere contagiati. Vanno bene anche le mascherine di comunità, quelle autoprodotte. Ma il loro utilizzo è fondamentale”.
Infine, il tema delle riaperture. Da alcuni giorni tiene banco in Puglia il dibattito relativo alla possibile riapertura di parrucchieri, estetisti e centri di bellezza. Su questo il Prof. Lopalco spiega: “sarebbe stato più facile prolungare la chiusura, ma dal punto di vista epidemiologico il rischio non muta se si alcune attività riprendano due settimane prima.
Prima di riferire la mia idea al Presidente Emiliano ho voluto incontrare i rappresentanti di categoria: ci sono rigidi protocolli da osservare per loro, ma se tutti lavoreranno in massima sicurezza non ci sarà una impennata di casi legata a questo”.