Differenza di genere, la declinazione al femminile ispira 10 anni di competenza in meno

A confermarlo è uno studio da parte del centro di ricerca Irvapp, l’Istituto per la ricerca valutativa sulle politiche pubbliche.

La domanda è chiara: declinare al femminile influenza la valutazione delle professioniste? Sembrerebbe proprio di si. A confermarlo è uno studio da parte del centro di ricerca Irvapp (Istituto per la ricerca valutativa sulle politiche pubbliche), commissionato dal comitato pari opportunità dell’Ordine degli avvocati di Rovereto.

Per intenderci, una donna che esercita la professione giuridica ispira più fiducia se si fa chiamare ‘avvocato‘ invece di ‘avvocata’ e per tanto solo il 15% delle toghe del foro utilizza la declinazione al femminile. La questione ovviamente riguarda tutte le professioni e i dati danno risultati sconfortanti nel momento in cui confermano che la differenza di genere influenzi profondamente il contesto lavorativo, nella misura in cui la declinazione al maschile risulterebbe più rassicurante, ispirando maggiore fiducia e competenza. Ciò che, infatti, si rileva chiaramente è che una professionista che si presenta con il titolo al femminile ispiri 10 anni di competenza in meno, in quello che appare un pregiudizio infondato e senza valore, che vede il ‘gentil sesso’, come spesso accade, rivestire un ruolo subordinato o poco chiaro.

Un’apparente sconfitta per tutte le donne, ma volendo essere realisti e un pò clementi ci si aspetta che la tendenza dominante possa allentare il risultato netto con il passare degli anni, laddove non è un segreto il fatto che le donne abbiano dovuto lottare sempre di più rispetto agli uomini per vedere affermati i propri diritti. D’altronde la grammatica sembrerebbe essere super partes e il mondo accademico favorevole alla doppia declinazione e se, invece, cultura e mentalità comune rallentano un percorso a favore delle quote rosa, ci auguriamo che il ruolo delle donne possa presto affermarsi in tutta la sua completezza e professionalità.