Il dovere della libertà, per tutti. Alle radici del 25 aprile

Riflessione a tutto campo dello storico Donato Maglio sulla Festa della Liberazione. Il 25 aprile dovrebbe essere festeggiato in tutto il mondo, perché ovunque c’è bisogno di libertà

Le Leggi Razziali italiane del 1938, disposizioni tra le più vergognose della storia umana, furono leggi molto dure e discriminatorie attraverso le quali il Partito Nazionale Fascista escluse, ghettizzò ed allontanò dalla società di allora, migliaia di persone innocenti solo perché di religione ebraica. Il fascismo non solo legiferò ed applicò leggi discriminatorie contro la popolazione ebraica, ma attuò una politica di totale intolleranza con chi non si fosse uniformato ai suoi dettami e alle sue regole.

Matteotti ed i fratelli Rosselli vennero assassinati, De Gasperi mandato al confino, la stampa soppressa, i sindacati smantellati, Galeazzo Ciano ed altri membri del fascismo fucilati dopo il Gran Consiglio del 25 luglio 1943, il potere legislativo ed esecutivo ridotti a mera finzione. Con la creazione della Repubblica Sociale Italiana le Leggi Razziali si inasprirono a tal punto da dare appoggio formale all’Olocausto nazista già in atto dal 1939.

Il fascismo sostenne la superiorità, inesistente, della razza ariana teorizzata dal nazismo e fu incoerente con quello che inizialmente aveva prospettato per l’Italia e gli italiani.

Con le Leggi Razziali del 1938, molti ebrei decisero di emigrare perché, l’obiettivo iniziale del Governo Italiano non era quello di perseguitarli, come fece con gli oppositori politici, ma di allontanarli dalla penisola e accaparrarsi i loro beni creando dei processi di separazione e di cancellazione della presenza ebraica dalla nazione. Nessuno mai tra impiegati pubblici, vigili del fuoco, appartenenti alle forze armare, operai di cantieri navali, capi d’azienda o imprenditori industriali mantenne il posto di lavoro dopo le Leggi Razziali.

Il manifesto degli scienziati razzisti pubblicato il 14 luglio 1938 aveva stabilito con chiarezza che “il concetto di razza è concetto puramente biologico…” e, in aggiunta a questo, una parte della propaganda fascista contornò e perfezionò la superiorità biologica con analisi e prospettive di inferiorità spirituale dell’ebraismo rispetto a tutte le altre religioni.

L’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania fu la scelta che, in primis, portò la stessa Italia alla catastrofe e alla distruzione della sua struttura politica, economica e sociale. Quindi il fascismo, seppur in parte, fu complice del nazismo. L’ideologia fu la motivazione per la quale iniziò la guerra in Europa e diventò di proporzioni mondiali proprio perché, soprattutto quella razzista, prese il sopravvento sulle coscienze impregnate di continui lavaggi del cervello; tutto questo non ha permesso lo sviluppo di una coscienza critica adeguata.

La seconda guerra mondiale e tutto quello che ne è scaturito, ha condotto alla morte novanta milioni di persone e questo a dimostrazione del fatto che, quando un’azione è mossa da ideologia, quell’azione diventa catastrofica e non c’è possibilità di riparazione; un’eventuale riparazione lascia, purtroppo, una cicatrice indelebile nella storia dell’umanità.

A tutto questo si aggiunge l’Indifferenza che è stata ed è l’arma più efficace da quando l’uomo è sulla terra. Si può anche non aderire ad una ideologia, non essere d’accordo con modi e metodi, l’indifferenza però è quel modo d’agire che se viene posto in essere rende il soggetto responsabile al pari di un esecutore materiale di qualunque atto bieco e malvagio. Molti adolescenti, giovani di ogni età e soprattutto adulti, ancora oggi, aderiscono a movimenti politici, organizzano marce, cortei e alzano le braccia in aria perché ricordano con nostalgia situazioni e vicende del passato che hanno lasciato in tante persone tanto dolore e sofferenze.

Perdere una madre, un padre, un fratello, una sorella, un marito, una moglie, un figlio, lascia in ogni essere umano un vuoto incolmabile, una ferita che neanche il tempo riesce a cicatrizzare. Ed ecco perché nasce il 25 aprile, giorno nel quale più di ottant’anni fa, l’Italia ha cominciato a respirare la Libertà di opinione, di stampa, di espressione della fede, della gioia, dell’amore verso il prossimo, di una vita nuova che non scende a compromessi con il sistema per essere vissuta appieno.

Quello che è avvenuto nel ventesimo secolo, però, non ha insegnato nulla perché i diritti umani non sono tutt’ora rispettati al massimo grado a Cuba, Cina e Corea del Nord. Quello che noto è che, nei confronti di Stati come quelli sopra citati, i cui Capi di Governo e Presidenti comandano con pugno di ferro e violenze inaudite, da parte dell’opinione pubblica italiana come anche europea, non c’è alcuna intransigenza. Molti, giustamente, si indignano per alcune frasi dette, opinioni espresse, atteggiamenti platealmente sbagliati quando il male, invece, si dovrebbe combattere a trecento sessanta gradi perché non sta solo da una parte. Lo stiamo viviamo con la guerra alle porte della nostra cara Italia.

Il male si combatte con le opere e non con proclami valevoli ad aumentare “l’un contro l’altro armato”. Abbiamo bisogno di imparare a trovare una soluzione alla pacifica convivenza di idee e opinioni nel pieno rispetto dei diritti umani inviolabili, per far sì che il sacrificio di migliaia di persone morte per un mondo migliore, non sia vano.

Che il 25 aprile sia una ricorrenza che riprenda le sue radici dalle quali un po’ tutti ci siamo allontanati, quelle radici apolitiche ed apartitiche. Abbiamo bisogno, quindi, di ripartire da quei gesti di fratellanza e di rispetto reciproco che i Padri Costituenti ci hanno voluto lasciare come testamento eterno di carità e fratellanza umana.