Caso GialPlast, Cobas “l’interdittiva antimafia viola la Costituzione”. Sospesi 30 dipendenti colpevoli di aver scontato le loro pene

Il provvedimento disposto dal Prefettura di Lecce prevede interessa l’azienda di Taviano nel settore rifiuti. Cobas, la legge non riabilita i cittadini che hanno già scontato e condanna alla fame.

Interdittiva antimafia per 30 dipendenti di GialPlast, un’applicazione troppo stringente che violerebbe l’art. 27 della Costituzione, sostiene Cobas. Tra i dipendenti, anche un caso di persona soltanto fermata dai Carabinieri 20 anni fa. L’azienda di Taviano, attiva nel settore rifiuti e presente in molti comuni salentini e pugliesi, potrebbe essere l’epicentro di una questione nazionale. E il Sindacato di Brindisi e Lecce è subito intervenuto a richiedere un incontro alla Prefettura di Lecce per chiedere chiarimenti.

L’interdittiva antimafia del 19 marzo

Una questione che va avanti ormai da settimane e che ha portato alla sospensione di 30 dipendenti dei 500 che lavorano per l’azienda che si occupa di rifiuti. Il provvedimento è stato notificato nella serata del 19 marzo, firmato dal prefetto Maria Teresa Cucinotta che si è convinta a intraprendere questa strada, nel già complesso panorama a tema rifiuti nazionale e pugliese. A fare da segnale luminoso per possibili reati mafiosi, sarebbero stati i reati spia di condizionamento mafioso di una parte dei lavoratori.

Le ecomafie, una questione pugliese

Probabilmente, a fare da catalizzatore della decisione della Prefettura, è stata anche la situazione pugliese a tema ambiente e riciclo. La Regione Puglia è la terza in Italia per reati ambientali, fa sapere il Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente. Sono state 30 le inchieste sulla corruzione in materia ambientale, dal 2010 al 2017, che hanno portato all’arresto di 194 persone, 349 denunciate e 41 sequestri. Solo nel settore di ciclo illegale di rifiuti, la Puglia ha visto ben 317 sequestri per l’anno 2017, 811 persone denunciate e 33 arresti.

Cobas, “è una violazione della Costituzione”

A destare preoccupazione sono le motivazioni di sospensione dei 30 lavoratori, “colpevoli solo di avere commesso in passato reati e di averli espiati”, sostiene Cobas. Non ci sarebbe alcun “sodalizio criminale allo scopo imporre alla società, ai comuni interessati, delle scelte a loro vantaggio economico. I provvedimenti avrebbero avuto un senso e denunciati alla autorità giudiziaria”. Il caso di un loro iscritto non fa che rimarcare la loro posizione.L’uomo sarebbe colpevole soltanto di essere stato fermato e subito mandato a casa dai Carabinieri 20 anni fa, è quanto si legge nella lettera di sospensione.

Di qui la richiesta di chiarimenti alla Prefettura di Lecce, nella lettera del sindacato in cui si chiede un incontro. “L’opinione dei nostri avvocati – continuano – è che questo provvedimento porta dritto al licenziamento dove anche in caso di vittoria al tribunale si applicherebbe la Fornero ricevendo pochi mesi di indennità. Proprio per questo nella lettera che abbiamo spedito alla Prefettura di Lecce facciamo riferimento alla palese violazione dell’art. 27 comma 3 della Costituzione Repubblicana che dispone: ‘le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

“Una legge che rinnega il diritto al lavoro”

Un’interdittiva antimafia che nella sostanza non sarebbe antimafia, ma “una legge che rinnega il diritto al lavoro per milioni di persone e che li condanna a morire di fame o a ritornare a delinquere”. Ed è questo che preoccupa di più il sindacato. “Il Sindacato Cobas sosterrà le ragioni di questi lavoratori colpiti da provvedimenti ingiusti ed interesserà il Ministro della Giustizia, Bonafede, affinché si faccia chiarezza su una legge che di antimafia non ha proprio nulla, anzi corriamo il serio rischio di alimentarla”.



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