«Ogni interpretazione della realtà si basa su una posizione che è unica e individuale. Bastano due passi a destra o a sinistra e l'intero quadro muta» diceva Lawrence Durrell. Una citazione quasi necessaria, perché, al momento, di fronte ad una “realtà” che non è stata spiegata, chiarita, delucidata quello che resta, a chi legge, è solo pura “interpretazione”, per di più personale. Che cosa si celi davvero dietro le intenzioni, non è dato saperlo.
Fatto è che Massimiliano Latorre, trattenuto da due anni e mezzo in India insieme a Salvatore Girone, con l'accusa di aver ucciso due pescatori del posto, scambiandoli per pirati, nel corso di una missione antipirateria, ha pubblicato ieri, sulla sua pagina facebook, una lunga sfilza di puntini di sospensione. Non solo: ha rimosso la foto profilo che lo ritraeva in divisa del reggimento San Marco e l’immagine di copertina. Chi mastica i social network sa benissimo di cosa stiamo parlando.
I puntini sono quel che resta, niente di più, niente di meno. Sulla stessa linea, anche la compagna del fuciliere pugliese Paola Moschetti. Niente foto, niente immagine di copertina, linee di puntini accompagnati, questa volta, dal verso di una canzone «ci sono cose in un silenzio che non m'aspettavo mai».
Una protesta? Un modo per rispondere al silenzio con il silenzio? Un tentativo di esprimere la frustrazione che si prova dinanzi alla sensazione di lottare invano? O semplicemente l'espressione di "chi è rimasto senza parole”? Cosa?
Si tenta di cogliere il significato nascosto leggendo il fiume di commenti dei tanti amici e sostenitori del marò pugliese, ma nonostante il minimo comun denominatore sia simile – è l’espressione di «chi è rimasto senza parole, di fronte a uno Stato che ti ha abbandonato» – resta l’indecifrabilità di quel silenzio in cui si è chiuso Latorre dalle 14.29, ora in cui è stato pubblicato il post. Lo stesso “silenzio” adottato dai ministri degli Esteri, Federica Mogherini e della Difesa, Roberta Pinotti che proprio nei giorni scorsi avevano dichiarato la necessità di lavorare, per così dire, lontano dai riflettori. «Lavoriamo tutti i giorni. Lavoriamo silenziosamente, ma a volte il silenzio è funzionale a lavorare bene» aveva detto la titolare della Farnesina ai microfoni del programma Radio Anch'io su Radio1, ricordando che si tratta di «un tema tristemente ereditato».
Quel che è certo, è che la protesta «silenziosa» di Massimiliano Latorre fa eco a quella di Salvatore Girone, che nel frattempo si è diplomato con il voto di 87/100, quando, un po’ a sorpresa, il 2 giugno scorso in video-collegamento via Skype da New Delhi in occasione della festa della Repubblica, aveva usato toni ben diversi da quelli tenuti fino a quel momento: «Abbiamo obbedito a degli ordini, abbiamo mantenuto la parola data (…) e siamo ancora qui» aveva detto, con rabbia e delusione.
Se davvero, come interpretato dagli internauti, il post è lo specchio di uno stato d’animo ormai al limite oppure un semplice sfogo magari in un momento di debolezza, poco importa. In ogni caso è inaccettabile che Massimiliano Latorre debba ricorrere a dei puntini per ricordare a tutti che dal 15 febbraio del 2012 è trattenuto in India, senza neppure conoscere di cosa è accusato. E che all’Italia tutta, servano dei puntini, per evitare che tra una cosa e l’altra, il caso non finisca nel dimenticatoio.
Marè², questi sconosciuti. Se ne parla solo dopo i puntini di Latorre
Massimiliano Latorre ha pubblicato su Facebook una serie di puntini di sospensione. Poi ha rimosso la foto in divisa. Immediata la reazione di amici e sostenitori che hanno interpretato il post come lo sfogo di chi è¨ rimasto senza parole di fronte «ad uno Stato che li ha abbando