A Brindisi arriva il nuovo arcivescovo. È Mons. Giovanni Intini, uomo di carisma e lungimiranza

Dopo aver guidato una piccola diocesi della Basilicata si è insediato a Brindisi lo scorso 10 febbraio. Tra i primi obiettivi del nuovo pastore quello di rafforzare i legami tra le persone, che la pandemia ha allontanato per troppo tempo

Eccellenza, da dove si parte quando si giunge alla guida di una nuova comunità?

Sicuramente non si parte da zero ma si riparte dal punto in cui questa diocesi è arrivata con il mio predecessore mons. Caliandro. Mi hanno insegnato che si deve sempre continuare ad andare avanti sulla base di ciò che si è fatto. Sappiamo quindi da dove partiamo, adesso dovrò inserirmi e capire dove vogliamo arrivare come Chiesa di Brindisi e come dice Papa Francesco ‘bisogna guardare al futuro con creatività’.

Brindisi è solo apparentemente periferia, nella Storia ha avuto un’importanza strategica come territorio, e allora cosa fare per restituire centralità a questa terra e a questa gente?

Beh, io vengo davvero da un territorio di periferia, perché arrivo da Tricarico, una piccola diocesi della Basilicata, molto interna in un territorio morfologicamente particolare, ma non credo invece che si possa considerare Brindisi una periferia, e poi, come dico sempre, i luoghi diventano periferia quando magari vengono trascurati da chi ci abita, quando subentra la rassegnazione, quando non ci si vuole impegnare in prima persona o peggio quando si delega agli altri, ebbene questo ci fa diventare periferia. Bisogna invece cogliere le potenzialità del territorio per farle emergere senza mai inserire nei progetti di sviluppo qualcosa che a quel territorio non appartiene.

È sempre più urgente il tema delle povertà’ emergenti, parliamo di povertà economica ma anche sociale, culturale, educativa… Cosa può fare una Chiesa locale?

Deve innanzitutto prendere sul serio questo discorso, nessuno di noi può dire “non ci compete”, perché ogni discorso sulla carità nasce dalla nostra fede e non saremmo cristiani se ci girassimo dall’altra parte. E a tal proposito noi dobbiamo creare dei percorsi educativi e pastorali per rispondere a questi bisogni, sicuramente la Caritas fa tanto per venire incontro alla povertà economica, ma bisogna anche preoccuparsi di creare percorsi per i giovani perché esiste una grande povertà educativa e il covid ha accentuato questa povertà, anche a livello culturale. Noi credenti, noi cristiani abbiamo infine il dovere di leggere queste esperienze con uno sguardo più alto, quello della fede, e fornire una prospettiva diversa, nuova appunto, una prospettiva cristiana, collaborando come Chiesa con le altre istituzioni, attirando l’attenzione e creando convergenze su questi temi così urgenti.

Cosa può fare un vescovo per un territorio, Lei ha un suo programma, ha preparato un’agenda?

Io mi sono imposto, prima di ogni cosa, di ascoltare, ecco perché ascolterò i rappresentanti delle istituzioni, i cittadini e i sacerdoti che sono i primi collaboratori del vescovo, ma anche tutti coloro che avranno desiderio di entrare in relazione, e poi successivamente chiederò a tutti di dare un contributo per predisporre un’agenda, perché non bastano le mie idee, occorre una strategia comune, non dimenticando che è in atto un cammino sinodale dove ognuno dovrà interpretare il proprio ruolo.