“C’è una Renault rossa in via Caetani”. Nel bagagliaio c’era il corpo senza vita di Aldo Moro

Il corpo senza vita dell’onorevole Aldo Moro fu ritrovato il 9 maggio 1978, all’interno del bagagliaio una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani.

Nessuno poteva immaginare che quella Renault 4 rossa parcheggiata contromano in via Caetani nascondeva il corpo senza vita di Aldo Moro, il presidente della Democrazia Cristiana rapito dalle Brigate Rosse nella ormai nota strage di via Fani. In un punto “simbolico” nel cuore della vecchia capitale – ad un passo da via delle Botteghe Oscure (dove c’era la sede del Pci) e non lontano da piazza del Gesù (dove c’era quella della Dc) – fu scritta una delle pagine più buie e drammatiche della storia italiana. Era il 9 maggio 1978. L’orologio aveva da poco segnato le 13.15.

In una coperta di lana color cammello con un bordo di raso era avvolto il corpo dello statista di Maglie, trucidato con almeno undici colpi d’arma da fuoco, una mitraglietta Skorpion. Indossava lo stesso abito blu che aveva il giorno del rapimento, con la camicia bianca a righine e la cravatta ben annodata. L’ultimo drammatico messaggio delle Br, il comunicato numero 9 che aveva condannato il Presidente, aveva cancellato le speranze di poterlo salvare. La prossima mossa dei terroristi sarebbe stata l’ultima. Fu così.

La telefonata e il ritrovamento

Non fu una scoperta “casuale”. Alle 12.30 le Brigate Rosse avevano telefonato al professor Franco Tritto, collaboratore e amico dello statista, per “rispettare” le ultime volontà dell’onorevole che, probabilmente, aveva chiesto ai suoi assassini un ultimo gesto di ‘pietà’: «adempiamo alle ultime volontà del Presidente comunicando alla famiglia dove potrà trovare il corpo dell’onorevole Aldo Moro» disse Valerio Morucci , indicando la Renault e i primi numeri della targa “N5”, parcheggiata nella seconda traversa a destra di via delle Botteghe Oscure. Questa la versione ufficiale.

Questa volta non si tratta di un falso, come nel caso del finto comunicato numero sette, confezionato il 18 aprile che coincide con il ritrovamento del covo romano delle Br in via Gradoli 96. Il messaggio conteneva indicazioni sul luogo dove era stato abbandonato il cadavere del politico salentino: il Lago della Duchessa.

Qualcuno sostiene che il corpo dell’onorevole era già stato scoperto da due artificieri un’ora prima della chiamata delle Brigate Rosse. Si erano precipitati in via Caetani convinti di trovare una macchina piena di esplosivo, salvo poi scoprire che era una bara di ferro. L’ora in cui Moro fu ucciso e il suo ritrovamento sono solo alcuni dei misteri che avvolgono la vicenda.

Si concludeva nel silenzio una delle pagine più dolorose della storia d’Italia. Il silenzio, come quello chiesto dalla famiglia Moro che rifiutò cerimonie pubbliche, discorsi di saluto. «La famiglia – scrissero – si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sulla vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia».