“Il sindaco caccia un’associazione Tap”, Potì sbotta: “sono volontari a pagamento”. È polemica a Melendugno

È polemica a Melendugno dopo l’articolo apparso su “ilGiornale” in cui Marco Potì è accusato di essere “estremista”. Al centro della querelle la decisione di sfrattare un’associazione che ha ricevuto soldi da Tap dai locali comunali.

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Il Sindaco di Melendugno caccia un gruppo di volontari della Protezione Civile colpevoli di non condividere la battaglia contro la realizzazione del gasdotto Tap. L’associazione, ora, avrà venti giorni per sloggiare. La polemica sulla decisione assunta dal primo cittadino Marco Potì è scoppiata quando, sulle colonne de ilGiornale, è apparso un articolo a firma di Luca Fazzo in cui si sottolineava il motivo dello sfratto: aver ricevuto sostegni economici per la loro attività dalla multinazionale svizzera.

«Nella sua lettera il Sindaco non accampa scuse, non si trincera dietro affitti non pagati o necessità di recuperare i locali. Con una certa brutalità, mette nero su bianco che solo chi condivide la battaglia contro il gasdotto ha diritto a utilizzare uno spazio pubblico. Fosse anche per la più nobile delle cause», si legge nel pezzo, ma Potì non ci sta a passare per quello che maltratta i volontari e pubblicamente, sul suo profilo Facebook rende nota la lettera inviata al Presidente dell’associazione con cui si chiede di liberare i locali di piazza Castello per “motivazioni di carattere etico-morale”.

Parte un po’ “alla larga” – cioè dal fatto che le occasioni per collaborare si sarebbero fatte “più rare” – ma il discorso del primo cittadino è semplice. I contributi che l’associazione avrebbe ricevuto [50mila euro secondo Potì e cui si aggiungono altri soldi erogati da Tap per un totale di 150mila euro] rappresentano «un fatto moralmente gravissimo, se si considera l’impegno, l’abnegazione e la passione civile con cui la comunità si sta opponendo al progetto del gasdotto che Tap sta cercando di realizzare sul territorio».

Melendugno insieme ad altri comuni del Salento, associazioni, commercianti, artigiani e cittadini stanno portando avanti la lotta mettendoci non solo la faccia, ma anche tempo e denaro pur di contrastare la costruzione del “tubo cattivo”.

Il punto è questo: senza togliere il fatto che, in democrazia, ciascuno può difendere la propria opinione, secondo il primo cittadino l’Associazione sfrattata non ha più i ‘titoli’ a restare nei locali comunali – di cui usa anche le utenze – per una questione di «coerenza, correttezza ed eticità». Altri gruppi, privi di qualsiasi finanziamento, secondo Potì, avrebbero più diritto. Per giunta, come si legge nella lettera, il Comune avrebbe ricevuto da parte dell’Associazione una proposta di schema di convenzione con l’amministrazione per “supporto alle istituzioni locali” contenente i “presupposti per lo svolgimento di attività di interesse pubblico” per 10mila euro. Una proposta ‘irricevibile’ per il Sindaco.

Morale della storia: devono andare via, entro 20 giorni.



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