Strage della Grottella, la vita di tre guardie giurate per fuggire con i soldi delle pensioni

Il 6 dicembre 1999 tre guardie giurate – Luigi Pulli, Rodolfo Patera e Raffaele Arnesano – persero la vita in un assalto armato a pochi passi dal Santuario della Grottella. Tre vite per i soldi delle pensioni

Era il 6 dicembre 1999, quando il Santuario della Grottella legato da un’antica leggenda a San Giuseppe da Copertino, il Santo dei Voli, fu teatro di una sanguinosa rapina firmata dagli uomini della Sacra Corona Unita. Malviventi spietati e ben organizzati. Il piano architettato per impossessarsi del furgone portavalori ‘carico’ di denaro diretto ai vari uffici postali per il pagamento delle pensioni doveva essere portato a termine a qualsiasi costo. Per i criminali tre miliardi delle vecchie lire valevano qualche vita persa.

Il bilancio dell’assalto fu amaro: tre guardie giurate – Luigi Pulli, Rodolfo Patera e Raffaele Arnesano – persero la vita nell’assalto. Tre sono rimaste ferite. Una strage. La strage della Grottella come è ricordata.

L’assalto

Sono passati più di vent’anni da quella mattina. L’orologio aveva da poco segnato le 7.00, quando sei vigilantes si sono ritrovati, improvvisamente, nell’inferno. Tre erano a bordo del primo furgone ‘spinto’ dai malviventi contro il guard-rail. L’impatto è stato violentissimo e il conducente Luigi Pulli, 52enne di Veglie, muore sul colpo.

Gli altri tre si trovavano nel secondo furgone “attaccato”. Chi si trovava al volante intuisce di essere finito in una trappola e tenta una disperata inversione a U, ma le auto sono tante, troppe e la manovra è inutile.

I malviventi, a quel punto, cercano di aprire il portellone a colpi di kalashnikov, ma i proiettili non bastano e decidono di passare all’esplosivo. Nello scoppio perdono la vita Rodolfo Patera di 32 anni e Raffaele Arnesano, di 37. Resta miracolosamente illeso Giuseppe Quarta, che era con loro. Feriti anche Giovanni Palma e Flavio Matino. Ce la faranno.

Con il campo libero da ‘interferenze’, il commando passa al bottino, ma riescono a portare via solo la cassaforte del primo furgone. L’altra è rimasta incastrata tra le lamiere del portavalori esploso. Probabilmente, la strage sarebbe rimasta senza ‘colpevoli’ se il boss Vito Di Emidio non avesse fatto nomi e cognomi di mandanti e membri del commando. Il pentito “Bullone”, diventato un collaboratore di giustizia, raccontò tutto: a piazzare l’esplosivo fu Pasquale Tanisi, specializzato in bombe artigianali. Antonio Tarantini detto kamikaze guidò il camion che sfondò il furgone. A due sardi il compito di fare da basisti. Il resto della banda, infine, si impossessò del denaro, come avevano pianificato a tavolino. Il gruppo aveva anche fatto le prove generali per non commettere errori.

La cerimonia

Ogni 6 dicembre, i colleghi scampati a quell’agguato ricordano i compagni che non ci sono più.