Bella Ciao, l’inno alla Resistenza che non fu mai cantato dai partigiani

Bella Ciao, la canzone simbolo della Festa della Liberazione, è diventata l’ inno ufficiale della Resistenza solo vent’anni dopo la fine della guerra.

«Bella Ciao» non conosce più confini. Tutti la cantano: in piazza come nel caso del Movimento delle Sardine, in casa guardando la serie tv spagnola La Casa di Carta che ha fatto del brano un leitmotiv della banda di ladri con la maschera di Salvador Dalì, in auto grazie al remix di Steve Aoki che ha trasformato un canto degli anni ’40 in una hit dell’estate da ballare sui lettini, sui balconi, dove risuona oggi che si sta combattendo un’altra guerra contro un nemico invisibile.  Tutti conoscono le parole della canzone simbolo della Festa della liberazione, pochi la storia.

È diventata l’inno ufficiale della Resistenza solo vent’anni dopo la fine della guerra. Insomma, era poco conosciuta al tempo dei partigiani che erano accompagnati da altre note come quelle di Fischia il vento, troppo connotata politicamente a sinistra per essere scelta come sottofondo per le celebrazioni del 25 aprile la cui parola d’ordine era «unità».

Si preferì, così, «Bella Ciao» perché il canto delle lavoratrici nelle risaie della valle del fiume Po, delle mondine padane (simile al popolare Fior di Tomba) era talmente “inclusivo” da poter tenere insieme le varie anime politiche della lotta di liberazione nazionale (cattoliche, comuniste, socialiste, liberali…). Era politicamente e culturalmente più “corretta”, come scriveva Franco Fabbri.

Secondo altri, era una canzone d’amore, di un sentimento non corrisposto. In realtà le origini, sia del testo che della musica, sono piuttosto incerte, ma certo è che non compare nei documenti dell’immediato dopoguerra né nei vari canzonieri. Nemmeno nei fogli delle ‘canzoni da cantare’ che cirolavano tra i partigiani del testo di Bella Ciao c’è traccia. Si è detto che il canto fosse stato adottato dalla Brigata Maiella, ma non è così.

Cesare Bermani, uno dei più importanti esperti di storia orale e di canzoni popolari, ha parlato di «invenzione di una tradizione». E forse è così, intorno a Bella Ciao è stato costruito un mito, un immaginario, un significato tradotto in francese, spagnolo, inglese e perfino in turco (in 40 lingue in tutto).

È una canzone che viene da lontano, che ha percorso la storia e il tempo fino a quando è stata legata alla Resistenza. È così anche per Giovinezza passata da un canto goliardico di commiato dalla vita universitaria (anno 1909) a inno ufficiale del Fascismo.

La verità è Bella Ciao non è una canzone di sinistra o comunista. La verità è che un inno della Resistenza non esiste, ma esiste un inno di un popolo che non si arrende. Un inno alla libertà.