​Chi ha sparato non poteva vedere il pastore albanese? Al via il processo sulla morte di Qamil Hyraj

Lungo la traiettoria che divideva il pastore albanese, trovato senza vita nelle campagne di Porto Cesareo e il suo assassino vi era un albero. In aula è stato ascoltato uno specialista del Sis di Bari che ha illustrato la dinamica dello sparo.

La traiettoria era coperta da un albero e chi ha sparato non poteva vedere il pastore albanese? È l'interrogativo principale su cui si basa il processo sulla morte del 24enne Qamil Hyraj, attinto da un proiettile mentre accudiva il gregge. In mattinata ha avuto inizio il dibattimento. Sul banco degli imputati compaiono:  il 34enne Giuseppe Roi che risponde di omicidio colposo ed il 72enne Angelo Roi, padre di Giuseppe, accusato di simulazione di reato.
 
Quest'oggi è stato ascoltato, innanzi al giudice monocratico Silvia Minerva, uno Specialista del Sis (Sezioni Investigative Scientifiche) di Bari che ha illustrato la dinamica dello sparo. Il militare, sentito in aula come teste dell'accusa rappresentata dal pubblico ministero Giovanni Gagliotta (ha ereditato l'inchiesta dal dr. Giuseppe Capoccia), ha sostenuto che lungo la traiettoria che divideva il "carnefice" e la "vittima", vi era un albero. Inoltre, la sagoma del ragazzo albanese risultava posizionata, al momento della tragedia, dietro un muretto. Infine nonostante, la testa del pastore sporgesse fuori da quest'ultimo, non sarebbe risultata visibile, poiché coperta da rami e fronde.
Dunque, il testimone avrebbe in qualche modo confermato, quanto sostenuto dalla difesa già in sede di Riesame. 

I difensori di Giuseppe Roi, gli avvocati Francesca Conte e Giuseppe Romano, fecero riferimento agli esiti degli accertamenti balistici degli specialisti  del Sis e chiesero la riqualificazione del reato da omicidio volontario in colposo. L'istanza venne accolta dai giudici del Riesame e poi dal pm Capoccia. Inoltre, durante l'udienza preliminare del novembre di due anni fa, i difensori di Giuseppe Roi avevano chiesto il rito abbreviato condizionato dall’acquisizione di una perizia tecnica a firma del generale, ora in congedo, Luciano Garofano (l'istanza venne rigettata dal giudice). Secondo i difensori, questi avrebbe potuto fornire una ricostruzione alternativa sulla dinamica dell’incidente. Per Garofano, sarebbe infatti poco coerente che una calibro 22 possa ammazzare una persona, con queste modalità. Possibile, per il consulente, dunque, che sia stata utilizzata una carabina o un fucile.
 
L'accusa sostiene che Giuseppe Roi abbia sparato "per gioco" con una pistola calibro 22, contro un vecchio frigorifero abbandonato nella masseria, colpendo però mortalmente il pastore albanese.  Il datore di lavoro non avrebbe avuto la volontà di ammazzare ma avrebbe agito “con imprudenza, negligenza, imperizia pur consapevole della presenza del suo pastore”.

Ricordiamo che in un primo pomeriggio primaverile, il 6 aprile del 2015, nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione fu ritrovato il cadavere di un giovane pastore albanese, Qamil Hyraj. Il 24enne era stato ‘freddato’ da un unico colpo di pistola sparato in fronte, da una distanza ravvicinata.
 
Sette mesi dopo, a finire nei guai, è stato proprio il suo datore di lavoro e amico, Giuseppe Roi. Il primo colpo come rivelato dai rilievi balistici effettuati avrebbe trapassato l’elettrodomestico da parte a parte richiamando “l’attenzione” di Hyraj che in quel momento stava guardando il gregge. Il ragazzo si sarebbe voltato ed è lì che sarebbe stato raggiunto da un secondo colpo.
 
Fu anche battuta la pista del furto di agnelli, raccontata da Angelo Roi molto probabilmente per nascondere la verità a tragedia avvenuta e fatta per allontanare i sospetti sul figlio è apparsa fin dai primi istanti poco “plausibile”. Determinante comunque è stata la testimonianza di un altro pastore che avrebbe raccontato ai militari dell’abitudine di Giuseppe Roi di sparare contro bersagli a caso, come un bidone bianco sparito ma di cui è stata trovata traccia all’interno della masseria.

La prossima udienza è stata fissata per il 13 aprile, quando verranno ascoltati  tutti i testi dell'accusa e i consulenti tecnici. I familiari di Qamil Hyraj sono difesi dall'avvocato Cristiano Solinas.



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