A Specchia c’è un silenzio quasi surreale, le persone in strada scuotono la testa, si fanno il segno della croce e mormorano una preghiera quando passano da via Madonna del Passo, la strada dove vive la famiglia di Noemi, uccisa dal fidanzato che aveva difeso da tutti. A proteggere l’abitazione oggi ci sono i carabinieri: le telecamere delle tv nazionali e locali sono bandite per ‘rispettare’ il dolore di mamma Imma, della sorella maggiore Benedetta e della sorellina più piccola di appena 9 anni. I curiosi sono tenuti a debita distanza.
C’è un silenzio assurdo nel paese con uno dei borghi più belli d’Italia, la gente prova a farsi forza a vicenda, ma la forza viene a mancare quando si consumano drammi che di umano non hanno nulla. Una sola domanda rimbalza nei vicoli e nelle piazze della cittadina: «Si poteva in qualche modo evitare?». Questa è la cosa forse più drammatica, il fatto che mentre si cercava la studentessa, chi sperava doveva far spazio anche con la consapevolezza che le fosse accaduto qualcosa di brutto. A Specchia, dove è stato proclamato il lutto cittadino fino al giorno dei funerali, ci si interroga se si poteva fare qualcosa. E se quel qualcosa non è stato fatto.
La mamma di Noemi che probabilmente aveva notato sul volto e sul corpo della figlia i segni di quell’amore malato aveva presentato due denunce alla Procura dei Minori di Lecce per ‘segnalare’ il carattere violento del 17enne. Erano nati due procedimenti – uno penale per violenza privata, l'altro, civile, per verificare il contesto familiare in cui vive il giovane – mai sfociati in nessun provvedimento cautelare. Una delle prime cose che ha urlato Imma quando ha appreso la notizia della morte della figlia è stata ‘non mi avete ascoltata’.
Ora, proprio per far luce, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha avviato accertamenti preliminari sulla Procura per i minorenni di Lecce. Anche il Csm ha chiesto al comitato di Presidenza l'apertura di una pratica sul caso.
Anche la famiglia del 17enne di Montesardo aveva denunciato la ragazza per atti persecutori, secondo quanto si apprende circa 15-20 giorni dopo quella presentata dalla madre di Noemi.
